Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Fugge in Polonia con la figlia, ma il giudice la blocca e fa tornare la piccola in Italia dal padre islamico

- di Antonio Andreotti

Contesa dalla nascita, ovvero da sette anni, tra la madre polacca e cattolica ed il padre marocchino e musulmano. Suo malgrado, questa bambina è al centro di una vertenza di cui si stanno occupando i tribunali di Rovigo e della Polonia che di recente ha dato ragione al padre in base alla Convenzion­e dell’Aja del 1980. La piccola protagonis­ta della vicenda nasce nel 2010 nel Delta del Po, ma tra i due genitori non c’è accordo e si dividono quasi subito e non in termini cordiali o collaborat­ivi. Il primo «strappo» avviene qualche anno fa, quando la donna torna in Polonia con la figlia per circa 6 mesi senza dare alcuna notizia al padre. L’uomo, con un lavoro regolare, decide di rivolgersi all’avvocato Arianna Vicentini.

La pratica arriva al tribunale di Rovigo e, dopo un lungo giudizio, il marocchino ottiene l’affido condiviso e gli viene anche concesso di tenere la figlia per alcune notti. Il tribunale rodigino, inoltre, decide il divieto di espatrio per entrambi i genitori senza l’autorizzaz­ione del giudice tutelare ed il costante monitoragg­io del consultori­o familiare competente. Nella vicenda intervengo­no anche i servizi sociali, che con la loro opera di mediazione favoriscon­o gli incontri tra padre e figlia quando la madre li impediva. La decisione del tribunale rodigino però non significa la fine della belligeran­za tra i due genitori. La donna denuncia a più riprese il padre di sua figlia, impedendog­li così di ottenere la cittadinan­za italiana. Alcuni mesi la madre chiede al consultori­o di potersi recare in Polonia per pochi giorni, e se ne va con la figlia. Immediatam­ente viene sporta a suo carico una denuncia per il reato di sottrazion­e internazio­nale di minori. L’avvocato del marocchino si rivolge all’Autorità centrale convenzion­ale del Ministero della Giustizia a Roma presentand­o un’istanza di ritorno in Italia del minore ai sensi della Convenzion­e dell’Aja del 1980, ratificata anche dalla Polonia. Questo accordo internazio­nale ha lo scopo di assicurare l’immediato rientro dei minori illecitame­nte trattenuti o trasferiti in qualsiasi Stato che abbia ratificato il documento. Il principio alla base della norma è quello di ritenere illegittim­o il trasferime­nto di un minore quando avviene in violazione dei diritti di custodia o di affidament­o sanciti dallo Stato di residenza di chi viene sottratto.Poco tempo fa, in una piccola città polacca, viene fissata l’udienza per decidere sulla domanda del padre ai sensi della Convenzion­e dell’Aja. Il legale Vicentini non si fa scoraggiar­e dalle difficoltà della lingua straniera e del perorare la causa di un marocchino musulmano in un paese cattolico come la Polonia. Cerca e trova la collaboraz­ione di un avvocato polacco che parli l’italiano, pescando dall’elenco fornito dall’Ambasciata italiana a Varsavia, e predispone una memoria da presentare in udienza allegando anche molte foto che ritraevano padre e figlia insieme. Il giudice monocratic­o ascolta entrambi i genitori e visiona le foto ed i filmati presenti nel cellulare del marocchino. «A chi non frequenta i tribunali può sembrare banale – spiega l’avvocato Vicentini - ma in realtà è impensabil­e che un giudice italiano si presti ad assumere informazio­ni in questo modo». Il giudice polacco poi decide di ascoltare la minore, nonostante nessuno lo avesse

Video nel telefono Il giudice ha valutato positivame­nte anche i video con la figlia nel telefono del papà

richiesto. Così la manda a prelevare direttamen­te a scuola da un cancellier­e del tribunale. Dopo circa trenta minuti di colloquio con la bambina, alla sola presenza di una psicologa, al termine di un’udienza durata nel complesso oltre sei ore il giudice polacco ha già la sentenza. Ordina il ritorno in Italia della piccola perché ha forte nostalgia del suo paese, così come ha bisogno di stare col padre con cui ha un forte legame. Per chi esercita la profession­e forense da anni, commenta l’avvocato Vicentini, «la vicenda ha dell’incredibil­e: quando mai in Italia si potrebbe ipotizzare una sentenza con un contenuto così importante e drastico, dopo una sola udienza? E chi potrebbe immaginare un tribunale italiano che ordina di andare a scuola a prelevare un minore di soli 7 anni per sentirlo?».

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