Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Quanta piaggeria in questi giorni: lo avrebbe infastidito lui era un uomo vero
Di Pietro Marzotto si è scritto molto in questi giorni. È comprensibile, essendo egli stato un protagonista di oltre trent’anni della vita economica e industriale del secolo passato, con riverberi anche in questo scorcio del nuovo millennio. E tuttavia credo, se non altro per la lunga consuetudine che mi è capitato di avere con lui, che molte delle parole a lui dedicate lo avrebbero infastidito. Vuoi per la banalità di certi apprezzamenti, che per la enfatica ritualità con cui generalmente non pochi ritengono si debba rendere omaggio a uno scomparso di rango, spesso debordando in stucchevole piaggeria. Per non dire del chiamarlo «conte», titolo da lui esplicitamente rifiutato perché in contrasto con la Costituzione, delle inesattezze sulla sua carriera di imprenditore, o di ricostruzioni del tutto errate, come quella – proposta da più di qualcuno – che vorrebbe Pietro insediato al comando dell’azienda di famiglia fin dal 1° gennaio 1968, con il paradosso di renderlo di fatto responsabile della pessima gestione del conflitto sindacale di quella stagione, che egli fu poi invece chiamato a cercar di risolvere, di sanare. Inesattezze e imprecisioni erano per lui, e non solo nel suo essere uomo d’impresa ma anche nella vita privata, quanto di peggio potesse capitargli in una giornata: abituato a confrontarsi con i propri interlocutori sulla base di elementi certi e incontrovertibili, trovava inconcepibile e irritante ogni approssimazione, anche di poco conto. Sì, aveva un carattere difficile, ma la precisione o la chiarezza che pretendeva dagli altri, erano le stesse che egli praticava quotidianamente: risultato, queste ultime, di una dura disciplina, in parte esito del rapporto con il padre Gaetano che, intestarditosi a raddrizzare un figlio considerato ribelle, lo aveva sottoposto a un severo apprendistato che lo fecero transitare attraverso le più disparate mansioni aziendali, un percorso peraltro risparmiato ai suoi fratelli. In cosa consistesse la natura «ribelle» di Pietro è tutta racchiusa nella risposta di Gaetano Marzotto alla domanda di Indro Montanelli su quale dei suoi figli potesse, un giorno, raccoglierne il testimone: «Tutti, a condizione che ragionino con la mia testa». Il fatto è che, alla propria «testa», alla propria individualità, Pietro non volle mai rinunciare: una aspirazione che lo portò a non pochi scontri con il padre, anche ad amare delusioni, ma che alla fine lo vide arrivare ai vertici del gruppo, dapprima risanandol0 dopo la gravissima crisi in cui era cadut0 nel triennio 1967-69, e poi trasformandolo in una multinazionale capace di essere aggressivo player globale nel tessile e nel fashion. Dicevo della errata retrodatazione al 1968 di linee di comando strategico in capo a Pietro, che giunsero solo nei primi mesi del 1972 con la nomina ad Amministratore delegato, e poi consolidate con il suo trasferimento a Vicepresidente esecutivo (1980) e, successivamente, a Presidente esecutivo (1982). Nel 1968 egli, invece, era divenuto uno dei tre Direttori Centrali, cariche di nuova istituzione alle dirette dipendenze dell’ad. In qualità di Direttore Centrale alla Finanza e Controllo di Gestione, Pietro era stato cooptato nel CdA: la sua era una classica posizione di Staff, lontana dalle linee operative. Che poteva quasi sembrare una sine cura, essendo un componente la famiglia che deteneva il controllo della Società, se non fosse stato per il carattere del personaggio ben intenzionato a far valere il ruolo di cui era investito: peccato che la prima mission importante cui fu chiamato non riguardò le sue competenze, bensì la trattativa in Prefettura con i sindacati dopo la drammatica giornata del 19 aprile 1968 segnata dall’abbattimento della statua di Gaetano Marzotto senior. Pietro, una volta rientrato con l’accordo sottoscritto dalle controparti più significative (mancava la firma della minoritaria Cgil, che aveva rigettato il Preambolo che condannava gli episodi di violenza avvenuti quel giorno), ebbe a dire che l’Azienda aveva offerto troppo poco dal punto di vista economico per considerare scongiurato il riesplodere del conflitto. Parole lucide, e profetiche, stante che dopo l’estate esso riprese durissimo portando, agli inizi di gennaio 1969,