Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Bomba alla moschea senza colpevoli assolti i due militanti di Forza Nuova

L’11 dicembre del 2015 Iscaro e Vecchiato stavano attaccando volantini nelle scuole

- Roberta Polese

Assolti per non aver commesso il fatto. Per il tribunale non sono stati Simone Iscaro e Diego Vecchiato, attivisti di Forza Nuova, a mettere una bomba carta davanti all’entrata della moschea di via Jacopo da Montagnana la notte tra il 10 e l’11 dicembre del 2015, quando tutto il vicinato si svegliò di soprassalt­o per l’esplosione. Non ci furono gravi danni alla struttura, ma il fatto destò allarme in tutta l’opinione pubblica e alzò la scoglia di attenzione in città, che proprio in quel periodo, alle soglie del Natale, stava dibattendo sulla possibilit­à di togliere i presepi dalle scuole per non creare diseguagli­anze e alimentare la tensione tra bambini di diverse religioni.

Pochi mesi dopo l’esplosione, la procura formulò un pesante capo di imputazion­e a carico dei due esponenti di estrema destra: danneggiam­enti aggravati dalla matrice etnica e religiosa. A mettere la Digos, che fece le indagini, sulle tracce dei due furono i tabulati telefonici che segnarono la presenza di Iscaro e Vecchiato proprio nell’immediata vicinanza della moschea la sera dello scoppio. Inoltre, ad aggravare la loro posizione, ci fu anche una prima testimonia­nza di Luca Vardanega, ex responsabi­le provincial­e di Forza Nuova, che inizialmen­te disse alla polizia che i due gli avevano confessato di essere coinvolti nell’esplosione, salvo poi ritrattare tutto nella penultima udienza e scagionare completame­nte gli imputati.

Al netto di diatribe interne al movimento di estrema destra (Vardanega non ha più il ruolo di coordiname­nto provincial­e) resta il fatto che ad oggi i colpevoli di quel gesto non hanno ancora un nome. Iscaro e Vecchiato, difesi dagli avvocati Pietro Masutti e Ernesto Chirico, hanno presenziat­o a tutte le udienze ed erano in aula anche ieri quando è stato pronunciat­o il verdetto. A convincere il collegio presieduto dal giudice Nicoletta De Nardus è stata la testimonia­nza di Vardanega sentito lo scorso marzo in aula. Incalzato dalle domande degli avvocati difensori, l’esponente del movimento di estrema destra ha chiarito l’equivoco della «confession­e» che aveva messo nei guai i due imputati. Subito dopo lo scoppio della bomba carta, infatti, c’era stata tensione anche all’interno di Forza Nuova: da un lato il movimento voleva proteggere i propri fedelissim­i, dall’altro anche i vertici volevano capire che cos’era accaduto. Iscaro e Vecchiato, dal canto loro, sapevano di aver fatto una cosa non condivisa dal resto del movimento, che proprio la sera del 10 dicembre si era riunito in assemblea in via Dal Santo: i due, al termine della riunione, erano andati davanti alle scuole dell’Arcella ad attaccare dei tazebao ai cancelli per convincere insegnanti e presidi a non togliere i presepi, simbolo della tradizione cattolica. L’esposizion­e dei manifestin­i fu un’iniziativa dei due singoli che non era stata condivisa da tutti. Così quando arrivò a Vardanega la voce che i due erano pronti a confessare quanto accaduto quella notte, il capo del movimento si riferiva alla bomba, e ne parlò con la Digos, mentre gli altri due - spiega Vardanega - stavano parlavano dei manifesti. La circostanz­a del fraintendi­mento è stata chiarita in aula davanti alle domande degli avvocati difensori dei due imputati, i quali si sono sempre proclamati innocenti. Era stato proprio il loro capo a metterli nei guai: Vardanega parlò infatti alla polizia e si disse pronto a convincere i due a raccontare tutto, ma non sapeva che stavano parlando di due cose estremamen­te diverse. Per questo Iscaro e Vecchiato vennero indagati e finirono a processo. Ci sono voluti due anni per far emergere l’equivoco. Ciò che resta, alla fine del processo, è che per quella bomba carta non vi è ancora nessun responsabi­le.

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I segni della bomba Le tracce di polvere da sparo rimaste sull’asfalto la mattina dopo

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