Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Ca’ della Robinia Patteggiamenti per lo scandalo
Da centro disabili a birreria grazie a soldi pubblici, prime sentenze. Chiesto il processo per Sernagiotto
Prime sentenze per lo scandalo di Ca’ della Robinia, a Nervesa (Treviso). Il gip Angelo Mascolo ha accolto le richieste di patteggiamento per la presidente Bruna Milanese (2 anni e 4 mesi), per i figli e per l’ex consigliere Roberto Ferro.
Arrivano le prime sentenze dell’inchiesta su Ca’ della Robinia, la coop che ha ricevuto dalla Regione un finanziamento di 3,4 milioni per realizzare una fattoria didattica nell’ex Disco Palace di Nervesa, trasformata invece in una birreria. Il giudice Angelo Mascolo ha accolto le richieste di patteggiamento per Bruna Milanese, presidente di Ca’ della Robinia, per i figli Stefano e Selene Bailo, che facevano parte del consiglio di amministrazione, e per l’ex consigliere Roberto Ferro. Gli ultimi tre dovevano rispondere di bancarotta fraudolenta. Più complessa la posizione di Milanese che, accusata anche di truffa, ha patteggiato 2 anni e 4 mesi.
«Ho sbagliato, me ne sono assunta la responsabilità e ne pagherò il prezzo — dice la donna —. Ma voglio che sia chiaro che io quella fattoria didattica volevo davvero farla per i ragazzi disabili e le loro famiglie. Ma sono stata un burattino nelle mani di chi ha ideato una vera porcheria». La presidente ha collaborato con gli inquirenti e ammesso le sue responsabilità. «La signora Milanese ha voltato pagina — spiega il suo avvocato Aloma Piazza — e la scelta di patteggiare, sua, dei figli e di Ferro, è coerente con la linea difensiva da loro adottata fin dall’inizio». Al patteggiamento Selene Bailo ha avuto una pena di 2 anni, il fratello Stefano di un anno e 8 mesi e Ferro un anno e 6 mesi. Per tutti e tre è stata riconosciuta la sospensione condizionale. Della quale non potrà godere invece Milanese, che affronterà l’affidamento in prova ai Servizi sociali.
Patteggiamento e collaborazione con gli inquirenti confermano per l’ex presidente il ruolo di prima accusatrice degli altri indagati, per i quali il pm Gabriella Cama ha chiesto il processo. Parliamo dell’ex assessore regionale al Sociale e oggi europarlamentare Remo Sernagiotto, dell’ex dirigente regionale Mario Modolo e del proprietario della discoteca Giancarlo Baldissin, accusati di corruzione. Secondo la Procura Baldissin avrebbe corrotto gli altri due con denaro per piazzare l’ex disco, che non riusciva a vendere, a un prezzo molto più alto di quello di mercato. A tale fine i tre avrebbero costruito una finta cooperativa per ottenere a tempo record un finan- ziamento per un progetto sociale che già sulla carta non stava in piedi. Perché l’unico vero obiettivo di Sernagiotto e Modolo, considerati i registi dell’operazione, sarebbe stato sistemare l’amico Baldissin. «Quando sono arrivati i soldi, Baldissin è stato il primo a saperlo — ha ammesso Milanese — e da quel momento sono spariti tutti». La procura ha chiesto il processo anche per l’ex consigliere Pierino Rebellato e il consulente finanziario Egidio Costa, accusati di truffa e bancarotta.