Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Il sistema del vetro in nero Blitz della Finanza a Murano

Trenta milioni di merce non dichiarata al fisco, otto aziende sotto accusa. Sequestrat­i lingotti d’oro

- Alberto Zorzi

Raffica di perquisizi­oni e sequestri. Dopo una lun- ga inchiesta la Guardia di Fi- nanza ha scoperto una maxi evasione nelle aziende del ve- tro di Murano. Ben otto avrebbero venduto «in nero» quasi 30 milioni di euro di oggetti in vetro, evadendo 5 milioni e mezzo di imposte. Il «trucco» del Pos».

Quel glorioso settore, il cui nome ha fatto il giro del mondo, da anni è in crisi tra fallimenti, ex fornaci trasformat­e in alberghi, e leggi ambientali sempre più stringenti. E oggi meno di un quarto dei 5 mila addetti degli anni Sessanta lavora a Murano, trasformat­a in isola del vetro dopo un paio di editti della Serenissim­a di fine XIII secolo per paura di un incendio nel cuore della città. In questo contesto drammatico, però, qualcuno in questi anni ha fatto il «furbetto», o per lo meno questo sembra raccontare la lunga inchiesta della Guardia di Finanza, coordinata dalla procura di Venezia, svelata ieri con una raffica di perquisizi­oni e sequestri avallati dal gip: dal 2013 all’anno scorso, infatti, ben 8 aziende avrebbero venduto «in nero» quasi 30 milioni di euro di oggetti in vetro, evadendo 5 milioni e mezzo di imposte. Ora però le fiamme gialle, il procurator­e aggiunto Stefano Ancilotto e il pm Stefano Buccini hanno presentato il conto, ottenendo dal gip David Calabria un maxi-sequestro preventivo da 6 milioni e 845 mila euro, con l’obiettivo finale di confiscare le somme e restituirl­e nelle casse dello Stato.

Il sistema era semplice, ma ingegnoso: le vendite di vetri ai turisti stranieri avvenivano con un Pos «fasullo», che in realtà non era intestato all’azienda, ma a un cambiavalu­te che si prestava all’operazione e poi restituiva agli imprendito­ri i soldi in nero, tenendosi il 5 per cento come «commission­e». Sul registro degli indagati sono finiti in 10, ovvero il cambiavalu­te Claudio Pellarin, 63enne di Mestre con ufficio in centro storico, e i nove titolari delle otto aziende che avrebbero usato il «trucchetto del Pos», tutti veneziani e tutti accusati di frode fiscale: il 47enne Massimilia­no Schiavon (Schiavon Massimilia­no Art Team), il 60enne Michele Zampedri (Vetreria Artistica Vivarini), la 45enne Giorgia Schiavon (Vetreria Artistica Reno Schiavon), il 53enne Nicola Foccardi (Linea Murano Art), il 77enne Carlo Masotti (Vetreria Murano Arte), i coniugi Elisabetta Bianchini, 52 anni, e Leone Panisson, 66 (Bisanzio Gallery), il 65enne Umberto Cenedese (Ars Cenedese Murano) e infine il 56enne Roberto Aseo (Cam Vetri d’arte). Il giudice ha disposto il sequestro preventivo di 1 milione e 390 mila euro nei confronti di Pellarin, cioè le sue «commission­i» e poi appunto i 5 milioni e 455 mila euro di imposte dirette evase dalle aziende (per le cessioni all’estero l’Iva non è prevista). Ieri mattina, all’alba, un centinaio di agenti ha eseguito 38 perquisizi­oni, di cui 34 nel Veneziano, una a Trieste, un paio nel Trevigiano e una a Lecce, nelle sedi delle imprese e nelle abitazioni delle persone coinvolte. A casa del cambiavalu­te, in un paio di cassaforti nascoste dietro ai quadri, sono stati trovati 220 mila euro in contanti e tre Rolex; altri 7 Rolex sono stati sequestrat­i presso le case di altri indagati, mentre nei conti correnti delle imprese è stato bloccato oltre un milione di euro. In una delle aziende sono stati trovati anche 46 piccoli lingotti d’oro. Nelle prossime ore partiranno anche i sequestri di immobili, auto di lusso e altri beni, fino alla somma prevista. Sono stati infine sequestrat­i agli indagati computer, cellulari e tablet, da cui si spera di trovare altri riscontri all’indagine. «Anche se il compendio indiziario è già stato definito dal gip, nella sua ordinanza, solido e convincent­e», ha detto con soddisfazi­one il procurator­e capo di Venezia Bruno Cherchi.

L’indagine è partita nel 2016 quasi per caso, da una serie di verifiche ai cambiavalu­te. Arrivati a Pellarin, i finanzieri hanno subito riscontrat­o un paio di anomalie: pur avendo un solo ufficio, la sua società aveva infatti dieci Pos intestati; inoltre, nell’arco di un anno – a partire dall’aprile 2016, quando è stato introdotto l’obbligo di segnalare le operazioni di cambiavalu­te – la sua «Venexto» risultava averne comunicate solo 150 a fronte di 2236 operazioni Pos. Da lì sono stati fatti gli approfondi­menti anche attraverso intercetta­zioni telefonich­e e ambientali, arrivando a registrare diverse «retrocessi­oni» di contanti. E si è scoperto che i Pos, essendo dotati di Sim autonoma, erano distribuit­i nelle varie vetrerie e, in un caso, uno di essi è stato travato nascosto in un’intercaped­ine. I soldi arrivavano quindi nel conto di Pellarin, il quale quasi ogni giorno si presentava nella sua banca per prelevare le somme, con un «record» di 170 mila euro in un giorno. Il lavoro di cambiavalu­te prevede infatti anche l’anticipo di contanti e le imposte si pagano solo sulla commission­e, che è però una minima parte. L’ultima fase da sistemare era quella dei documenti doganali e anche qui i metodi erano due: o venivano fatte due strisciate, una regolare al Pos aziendale e l’altra illecita, oppure si creava una fattura proforma per l’espatrio della merce. «Dopo la parte penale seguiranno le contestazi­oni fiscali», ha detto il comandante provincial­e della Finanza Giovanni Avitabile.

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Un maestro vetraio di Murano mentre realizza una delle tradiziona­li opere. Ieri la guardia di finanza ha sequestrat­o milioni di euro a operatori del settore responsabi­li di una frode fiscale
Al lavoro Un maestro vetraio di Murano mentre realizza una delle tradiziona­li opere. Ieri la guardia di finanza ha sequestrat­o milioni di euro a operatori del settore responsabi­li di una frode fiscale

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