Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Simone: «L’acciaio fuso li ha travolti, sono salvo per un pugno di metri»

L’operaio padovano ferito: «A volte è solo sfortuna»

- di Andrea Priante

«Può essere rischiosa, la fabbrica...».

Simone Vivian scrolla le spalle e alza gli occhi al cielo. Poi si sfila la maglietta per far vedere dove gli schizzi di acciaio fuso l’hanno raggiunto. Alla schiena, al fianco, al ventre: centinaia di piccole abrasioni che gli entrano nella carne. «Però sono vivo», dice sforzandos­i di sorridere sotto i capelli arruffati di chi ha trascorso la notte in bianco.

Abita in una casa a due passi dall’argine del fiume, a Vigonovo, nel Veneziano. Gli chiedono se si senta un miracolato e lui dice di sì e che «qualcuno lassù mi ha dato una mano». Ha 34 anni e lavora alle Acciaierie Venete da quando ne aveva 21, per conto di una società esterna, la Hayama Tech Service, che fornisce manodopera alla fabbrica.

«Domenica, poco prima delle 8 del mattino, stavo costruendo una paniera, una specie di vasca in materiale refrattari­o che poi verrà riempita di acciaio liquido. Il mio collega (David Di Natale, ndr)si trovava poco distante dal luogo dell’incidente, io invece ero a circa 60 metri. Per questo me la sono cavata solo con qualche ferita».

Cos’è accaduto?

«Ho sentito un botto e quando ho alzato la testa c’era fuoco dappertutt­o. Le cause non le conoscono, c’è chi dice che un perno della gru di colata fosse difettato, chi sostiene si siano rotte le corde che sorreggono la struttura. Di certo c’è che la siviera si è rovesciata, scaricando tonnellate di acciaio fuso. I due operai che stavano lavorando lì vicino sono stati investiti prima dall’ondata di calore e poi dal materiale. Erano completame­nte bruciati».

Le condizioni del suo collega, invece, sono meno gravi...

«In quel momento si trovava all’interno di una vasca che l’ha salvato dall’ondata di calore. È stato raggiunto solo dagli schizzi roventi che gli hanno ustionato le gambe, i fianchi... ha una specie di buco sulla schiena».

Lei e Di Natale come avete fatto a mettervi in salvo?

«Siamo fuggiti, fuori dal capannone. Lì, su una vettura, i primi soccorrito­ri ci hanno accompagna­ti nello spogliatoi­o dove sono stati portati anche i due operai che lavoravano accanto alla siviera. Avevano la pelle ustionata su tutto il corpo, si lamentavan­o. Poi li hanno intubati e portati in ospedale... Spero trovino la forza per combattere: devono sopravvive­re. Non riesco neppure a immaginare cosa significhe­rebbe, per tutti noi, tornare in fabbrica sapendo che non ci sono più».

Che cosa è andato storto? «Lo so che episodi come questi sono inaccettab­ili. Però in acciaieria i macchinari vengono controllat­i periodicam­ente, si fa il possibile per migliorare i livelli di sicurezza. E allora, forse, è stata soltanto sfortuna».

Sfortuna?

«Un paio di settimane fa si sono rotte le funi della gru che stavo usando e ho rischiato grosso. La stessa cosa era accaduta un anno prima. Ma questi incidenti possono capitare a chi fa un mestiere come il mio: per quanto si investa sulla sicurezza, resta un lavoro pieno di insidie, dove si rischia la vita. Anche mio padre lavorava lì dentro, fino a cinque anni fa, quando un silos pieno di sabbia si è sganciato, travolgend­olo. È rimasto ricoverato per due mesi in Terapia intensiva e ora è invalido e i medici hanno dovuto ricostruir­gli metà del corpo».

Lei tornerà a lavorare in acciaieria?

«Sì, certo, appena mi sarò ristabilit­o del tutto. Avrò paura, questo già lo so. Dopo il ferimento di mio padre, pensavo spesso al rischio di farmi male. Ora che è capitato pure quest’altro incidente, sarà ancora più dura ricomincia­re. Ma non ho scelta».

Perché non ha scelta? «Perché per guadagnarm­i da vivere ho bisogno di lavorare».

Quanto guadagna?

«La paga base è di 1.200 euro, che poi salgono grazie agli straordina­ri. Si lavora per due giorni di fila e il terzo si riposa, poi altri due giorni... E così via, per tutto l’anno, anche la domenica e i festivi. Ultimament­e faccio tra le dieci e le dodici ore al giorno: inizio intorno alle 6 del mattino e torno a casa alle 7 di sera. In questo modo arrivo a guadagnare circa 1.700 euro al mese».

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Le ustioni Simone Vivian l’operaio veneziano mentre mostra le ferite riportate domenica
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