Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Macchinario nuovo, staremo vicini ai feriti»
«Il pensiero va alle persone che sono state coinvolte e alle loro famiglie. Tutto quello che sarà possibile fare per loro, lo faremo». I vertici delle Acciaierie Venete, finite da domenica nell’occhio del ciclone dopo l’incidente che ha ridotto in fin di vita due operai e ferito gravemente altri due dipendenti di una ditta di manutenzione appaltata, si rivolgono ai quattro investiti da novanta tonnellate di acciaio fuso.
È una delle principali aziende europee nel settore della lavorazione e commercio dell’acciaio, un colosso che ogni anno produce oltre un milione di tonnellate di materiale, con sette siti dislocati in tutto il Nord Italia. A guidarla, il 55enne padovano Alessandro Banzato che da poco più di un mese è anche presidente di Federacciai. A parlare in sua vece, ieri, è stato il responsabile delle relazioni esterne delle Acciaierie, Francesco Semino: «Nel merito della dinamica non entriamo, in attesa che la procura conduca i suoi rilievi. Una cosa però vogliamo dirla: quella macchina coinvolta nell’incidente era nuova, sostituita nel 2016, dopo che la precedente aveva lavorato, senza nessun problema, per 30 anni. Cosa sia successo, se siano state rispettate tutte le procedure di sicurezza, saranno gli inquirenti a dirlo. Intanto però noi ci siamo fermati». L’area, infatti, è sotto sequestro. Gli avvocati dell’azienda hanno già chiesto di rientrare in possesso del sito ma bisognerà aspettare i tempi della procura di Padova. «Anche se ci sentiamo di dire che tutto era in regola – ha aggiunto Semino – quello che è più doloroso per noi è che si è trattato di un evento imponderabile che ci impone una riflessione: dobbiamo capire come migliorare, dal momento che quello che facciamo ogni giorno non basta. Queste sono lavorazioni di per sé pericolose, ad alte temperature, ci vuole grandissima attenzione e il coinvolgimento delle persone, ed è quello che noi cerchiamo sempre di fare, ma evidentemente bisogna andare oltre».