Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
LAVORO, IL FATTORE GIOVANI
Le aziende venete alzano la voce perché resta inevasa un’offerta di lavoro su tre. L’inchiesta pubblicata martedì 1 maggio su queste colonne suscita diversi interrogativi. Salendo sul veicolo della creatività si arriva all’assunzione? Oppure accade che chi è creativo può chiedere di essere esentato da un lavoro routiniero, ma chi chiede l’esenzione non è creativo? È questo il paradosso del Comma 22 (dall’omonimo romanzo di Joseph Heller) applicato all’occupazione. La possibilità di scelta è apparente. La regola aziendale la esclude. E questo è solo uno degli stagni in cui si trovano impantanati le imprese che cercano giovani da assumere. Qual è la fonte di attrattività? Un’altra palude è frutto del pensare che siano le aziende ad attrarre i giovani anziché questi ultimi a scegliere dove prestare la loro opera. Insegnando all’Istituto di studi manageriali Narsee Monjee di Mumbai, uno studente mi fece notare l’alta mobilità lavorativa dei giovani indiani istruiti, i quali cambiano azienda ogni sei mesi, per almeno tre volte di seguito, fino ad arrivare al traguardo da loro più ambito: acquisire lo status di imprenditore. Non solo in India, tra le nuove generazioni cresce il desiderio di proporsi in veste d’intraprenditore, rifiutando di indossare l’abito dell’addetto che sia con il colletto blu (operaio) o bianco (impiegato). Ciò contrasta con l’accento che nelle nostre imprese si è spostato nel tempo dal «fare» al «verificare», dall’imprenditorialità alla gestione.
Quanti dipendenti aziendali sono stati sopraffatti dall’ondata di management e assegnati a compiti di controllo, piuttosto che a lanciare nuovi progetti e quindi a comportarsi da intraprenditori? La promessa che una sana gestione delle aziende è sufficiente per entrare nel regno dell’abbondanza, garantendo così un lavoro a vita, si è rilevata falsa. I giovani, oggi, respingono il ruolo di comparse nella recita della banalità dell’operare quotidiano. Non vogliono che siano offuscate e annacquate le passioni imprenditoriali da loro coltivate. Se costretti dalle circostanze, costoro accettano il posto da dipendente che esegue i compiti loro affidati, ma l’aspirazione è ritagliarsi il profilo del professionista che ha la responsabilità di avviare iniziative imprenditoriali e così di alzare il tasso di’imprenditorialità dell’impresa.
Le imprese venete hanno già aperto nell’edificio del lavoro una nuova finestra professionale, quella dell’intraprenditore per il quale il lavoro non è un posto dove si va, bensì è ciò che tu fai, è ciò che tu sei? C’è, ancora, da interrogarsi su quanto siano apprezzati dagli imprenditori veneti gli studi umanistici. Ci si è chiesti perché nel mondo si gonfia il numero delle imprese che assumono filosofi per insegnare loro come mettere in discussione tutto, affinché ciascuno possa trovare un senso nel proprio lavoro? Afferma l’ad di Microsoft: «Il lavoro migliore si svolge quando si sa che non si tratta di qualcosa che migliorerà la vita degli altri». I giovani qui profilati sono i pensatori di un’avanguardia che traccia sentieri inediti verso il futuro dell’impresa e del lavoro. Creare valore nel lungo termine anziché massimizzare i profitti a breve è la via maestra che intendono imboccare.