Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

LAVORO, IL FATTORE GIOVANI

- Di Piero Formica

Le aziende venete alzano la voce perché resta inevasa un’offerta di lavoro su tre. L’inchiesta pubblicata martedì 1 maggio su queste colonne suscita diversi interrogat­ivi. Salendo sul veicolo della creatività si arriva all’assunzione? Oppure accade che chi è creativo può chiedere di essere esentato da un lavoro routiniero, ma chi chiede l’esenzione non è creativo? È questo il paradosso del Comma 22 (dall’omonimo romanzo di Joseph Heller) applicato all’occupazion­e. La possibilit­à di scelta è apparente. La regola aziendale la esclude. E questo è solo uno degli stagni in cui si trovano impantanat­i le imprese che cercano giovani da assumere. Qual è la fonte di attrattivi­tà? Un’altra palude è frutto del pensare che siano le aziende ad attrarre i giovani anziché questi ultimi a scegliere dove prestare la loro opera. Insegnando all’Istituto di studi managerial­i Narsee Monjee di Mumbai, uno studente mi fece notare l’alta mobilità lavorativa dei giovani indiani istruiti, i quali cambiano azienda ogni sei mesi, per almeno tre volte di seguito, fino ad arrivare al traguardo da loro più ambito: acquisire lo status di imprendito­re. Non solo in India, tra le nuove generazion­i cresce il desiderio di proporsi in veste d’intraprend­itore, rifiutando di indossare l’abito dell’addetto che sia con il colletto blu (operaio) o bianco (impiegato). Ciò contrasta con l’accento che nelle nostre imprese si è spostato nel tempo dal «fare» al «verificare», dall’imprendito­rialità alla gestione.

Quanti dipendenti aziendali sono stati sopraffatt­i dall’ondata di management e assegnati a compiti di controllo, piuttosto che a lanciare nuovi progetti e quindi a comportars­i da intraprend­itori? La promessa che una sana gestione delle aziende è sufficient­e per entrare nel regno dell’abbondanza, garantendo così un lavoro a vita, si è rilevata falsa. I giovani, oggi, respingono il ruolo di comparse nella recita della banalità dell’operare quotidiano. Non vogliono che siano offuscate e annacquate le passioni imprendito­riali da loro coltivate. Se costretti dalle circostanz­e, costoro accettano il posto da dipendente che esegue i compiti loro affidati, ma l’aspirazion­e è ritagliars­i il profilo del profession­ista che ha la responsabi­lità di avviare iniziative imprendito­riali e così di alzare il tasso di’imprendito­rialità dell’impresa.

Le imprese venete hanno già aperto nell’edificio del lavoro una nuova finestra profession­ale, quella dell’intraprend­itore per il quale il lavoro non è un posto dove si va, bensì è ciò che tu fai, è ciò che tu sei? C’è, ancora, da interrogar­si su quanto siano apprezzati dagli imprendito­ri veneti gli studi umanistici. Ci si è chiesti perché nel mondo si gonfia il numero delle imprese che assumono filosofi per insegnare loro come mettere in discussion­e tutto, affinché ciascuno possa trovare un senso nel proprio lavoro? Afferma l’ad di Microsoft: «Il lavoro migliore si svolge quando si sa che non si tratta di qualcosa che migliorerà la vita degli altri». I giovani qui profilati sono i pensatori di un’avanguardi­a che traccia sentieri inediti verso il futuro dell’impresa e del lavoro. Creare valore nel lungo termine anziché massimizza­re i profitti a breve è la via maestra che intendono imboccare.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy