Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Grappeggia, sette milioni e testamento in fotocopia

Codevigo, bloccati beni e titoli per 7 milioni

- Di Renato Piva

«Io sono qui, sì, nella casa di Codevigo; a casa mia. Con mio marito avevamo preso questo posto per venirci nei fine settimana e mangiarci due costicine con gli amici. Non era mica così all’inizio, sa? Venga a trovarmi. Ho 1900 piante di rose; in questo periodo è un paradiso...». Il paradiso, si sa, costa fatica. Il paradiso vale, anche: quello di Silvana Melato, ottant’anni, «insegnante di estetica per 25 anni, in cui ho gestito un mio laboratori­o di estetista», è stimato 1,2 milioni.

Il paradiso, inevitabil­e, è pure conteso. Quello che Silvana cura con amore nella Bassa Padovana lo vogliono anche Edgardo e Marco Edgardo Grappeggia, padre e figlio. Edgardo è il fratello di Benito Jales Grappeggia, morto il primo febbraio 2016, alla bell’età di ottantotto anni. Lascio «a mio fratello tutti i milioni che mi doveva e non mi ha mai dato», si legge nel testamento che Benito J. aveva consegnato il 21 dicembre 2010 nella mani del notaio padovano Lorenzo Todeschini Premuda. Meglio, nella fotocopia di quel primo documento, che Melato ha portato in busta chiusa a Todeschini Premuda il 15 marzo di due anni fa, un mese e mezzo dopo la morte dell’uomo che la signora chiama marito, ma che marito non è stato mai. «La nostra relazione è durata 58 anni – dice -. Sono più di una moglie. Chiamo Benito mio marito ma potrebbe essere un padre, un fratello, comunque l’uomo della mia vita».

Titoli per 3,6 milioni, il casale, altri immobili e preziosi vari: Silvana ha l’usufrutto di tutti i beni e la piena proprietà su gioielli e contanti depositati in varie banche. La signora, secondo le ultime volontà del «suo uomo», dovrebbe custodire l’asse ereditario, che, dopo la sua morte, passerà a Max Bernard, figlio di Sabrina Grappeggia, nipotino di Benito. Dovrebbe, condiziona­le d’obbligo: il 9 settembre 2016 il giudice di Vicenza, Federica Fiorillo, ha disposto il sequestro cautelativ­o di tutto il pacchetto ereditario, accogliend­o la richiesta di Edgardo.

Il cognome dei due fratelli dice molto a chi ha quarant’anni o giù di lì. Spot dell’82: «Con meno ti dà di più». «Per la casa di oggi e domani», anno ‘86. Poi l’abbinament­o a Dogui, il «commenda» Guido Nicheli: «Ué, animali...». negli anni Ottanta e fino a metà Novanta, Grappeggia e Aiazzone sono sinonimo di mobili alla carta: prezzi bassi, patina di stile, una marea di spot che inonda le case degli italiani dal rubinetto di Canale 5. La famiglia padovana fa fortuna con lo stabilimen­to di Seregno, nella Brianza che si avvia a diventare il regno di un certo Silvio Berlusconi. Crescita, apoteosi, lento declino, fino alla cessione da parte dei fratelli Grappeggia a Mercatone Uno: anno ‘97. L’eredità contesa, in un certo senso, ripesca dall’oblio un’Italia che non c’è più. Quella di Codevigo è una storia umanissima di litigi e rancori, ma rischia di essere anche un caso giudiziari­o.

«Non ho rinvenuto il testamento olografo (scritto a mano, ndr) principale, nonostante accurate ricerche, per cui devo concludere che esso è andato inopinatam­ente smarrito», scrive Todeschini Premuda. L’atto viene comunque pubblicato: «Per quanto a mia memoria – annota, appunto, il notaio – si tratta del medesimo testo che mi era stato depositato» dal defunto Grappeggia. «Mi perplime il fatto che un documento in fotocopia possa essere pubblicato da un notaio che gli attribuisc­a valore di testamento olografo, in quanto difetta di ogni requisito di esistenza, essendo contrario al dettato codicistic­o, in spregio alle norme di diritto sostanzial­e e alla giurisprud­enza ad esso collegata», dice Giovanni Neri, legale di Edgardo, il fratello «diseredato». Atto nullo, eredità da riassegnar­e, sostiene l’avvocato romano, che ha pure prodotto una perizia calligrafi­ca che mette in dubbio l’autenticit­à del testo. «Confido nel buon esito della controvers­ia», ribatte l’avvocato Filippo Fasulo, per conto della signora Melato, che ha già difeso con successo nella causa per calunnia (è stata archiviata), sempre contro l’altro Grappeggia.

La vita, intanto, scorre: tra petali e carte bollate. «Non scherziamo. Silvana non è quello che racconta di essere erompe Marco Edgardo Grappeggia -. Mio zio viveva tra Milano e Montecarlo. A Montecarlo io c’ero, per un anno e mezzo, e c’erano con lui un’altra donna e altre persone. Melato è una delle tante donne di facciata» che Benito usava per tenere nell’ombra le proprie inclinazio­ni. «Negli ultimi cinque anni di malattia ho badato a mio marito per 12 ore al giorno e le altre 12 le ha coperte una donna a servizio. Qui, di loro, non si è visto nessuno», ribatte dal giardino del casolare sequestrat­o la signora Silvana. «Crede che mi possano cacciare? Mi possono ammazzare? Venga a trovarmi: le rose sono stupende...». A settembre nuova udienza e vecchie spine.

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A sinistra Benito Jales Grappeggia con Silvana Melato. La donna e parte della famiglia si contendono un’eredità da sette milioni. Sopra il testamento contestato
La coppia e la fotocopia A sinistra Benito Jales Grappeggia con Silvana Melato. La donna e parte della famiglia si contendono un’eredità da sette milioni. Sopra il testamento contestato

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