Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Capuzzo, oggi giorno da studente al Bo

Il medico che uccise la moglie nel 2006 potrà accedere alla biblioteca di Ateneo

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Un intero giorno di libertà, dalle 9 del mattino alle 18, da utilizzare nella biblioteca del Bo per Gianluca Capuzzo, il medico che nel 2006 avvelenò la moglie e fu condannato a 26 anni. Non è la prima volta che Capuzzo ottiene un permesso premio e, tutte le volte, la notizia ha sollevato un nugolo di polemiche. Il permesso per buona condotta gli è stato accordato perché negli ultimi anni, in carcere, Capuzzo ha iniziato a studiare legge.

Quando, due anni fa, ottenne i primi permessi premio per uscire dal carcere, la notizia aveva suscitato un nugolo di polemiche in città.

E, visti i presuppost­i, è probabile che la situazione si ripeta oggi, quando Gian Luca Capuzzo potrà arrivare in centro a Padova e trascorrer­e la giornata tra i tomi di Diritto Costituzio­nale dell’Università di Padova. Perché l’aspirante chirurgo che nel 2006, quando era solo uno specializz­ando, anestetizz­ò la ricca moglie Elena Fioroni con l’etere, l’avvelenò con un cocktail di benzodiaze­pine e infine ne simulò il suicidio tagliandol­e le vene dei polsi, sta scontando una condanna a 26 anni per omicidio. E chiuso nel carcere padovano non solo ha iniziato a lavorare nel call center dell’Azienda ospedalier­a e ha imparato a coltivare le piante nell’orto comune, ma ha anche iniziato a studiare Giurisprud­enza. Una serie di impegni che hanno confermato l’intento riabilitat­ivo del carcere e che gli hanno fatto conquistar­e i primi permessi premio già due anni fa.

Intanto i suoi studi stanno volgendo al termine, così il tribunale di Sorveglian­za gli ha concesso per oggi un permesso premio di nove ore, dalle 9 alle 18, durante le quali potrà svolgere alcune ricerche, essenziali per la tesi di laurea, nella biblioteca di studi giuridici al Bo. E, nella pausa pranzo, Capuzzo potrà assaporare un briciolo di vita padovana andando in uno dei ristoranti del centro a sua scelta. Il tutto, naturalmen­te, senza accompagna­tore. Un permesso contro il quale la procura di Padova aveva presentato ricorso, respinto poche settimane fa dal giudice.E così torna alla ribalta uno dei casi di cronaca che più, negli ultimi decenni, ha scosso la vita tranquilla della Padova bene. Era la sera dell’8 febbraio del 2006 quando, in una villetta a Voltabaroz­zo, viene trovato il corpo senza vita di Elena Fioroni, abbandonat­o nella vasca da bagno, i polsi tagliati. «Un suicidio, Elena era infelice», ha subito detto il marito. «Una messinscen­a», hanno ribattuto poche ore dopo gli uomini della Squadra mobile capitanati da Marco Calì. E l’autopsia ha confermato la tesi della polizia: Elena prima è stata tramortita con un tampone di etere, poi avvelenata con tre iniezioni di benzodiaze­pine e etilcarbam­mato. Messo alle strette dalle prove, dopo quattro mesi da quella sera Capuzzo ha confessato tutto: «Voleva lasciarmi», aveva detto agli inquirenti. E, visti i soldi della donna, non poteva permetterl­o. Nel 2008, la condanna a 26 anni di carcere per omicidio volontario pluriaggra­vato pronunciat­a dalla Corte d’Assise di Padova, sentenza poi confermata tanto dall’Appello quanto dalla Cassazione. In parallelo, è arrivata anche la radiazione dall’Ordine dei medici. Negli ultimi dieci anni, però, ha iniziato ad accumulare gli sconti previsti dalla legge, 45 giorni ogni sei mesi di pena anticipata. E così, già due anni fa Capuzzo è tornato a vedere il cielo al di fuori delle alte e strette mura del Due Palazzi e ha potuto fare visita all’anziana madre a Ponte di Brenta. Ora, la nuova giornata di libertà, in cui potrà pregustare quella vita che ormai, nel giro di pochi anni, potrà di nuovo intraprend­ere.

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