Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
E Zaia esulta: «Esecutivo perfetto, ora o mai più»
«È la squadra perfetta, ora o mai più»
Se l’autonomia non arriva con questo governo non arriverà mai più. La condizione è da «tempesta perfetta», la congiuntura è ottimale ed il ministero per gli Affari regionali, da ieri nelle mani della vicentina Erika Stefani, rischierà di passare alla Storia. Pronostico di Luca Zaia, presidente della Regione, che ieri è ritornato a ricordare a chi ora finalmente regge le sorti del Paese che, certo, il contratto deve essere rispettato, ma che in cima a tutto i veneti attendono l’autonomia. «L’hanno sostenuta sia la Lega sia il Movimento 5 stelle – ricorda Zaia – è un fatto naturale che la si porti a casa». Con che tempi? «Fra un mese presenteremo il progetto e si possono iniziare i confronti con il governo per trovare l’intesa. Se si volesse far veloce per fine anno il governo potrebbe calendarizzare l’autonomia in parlamento». Ma questo sarà anche il governo che, per i veneti, «sosterrà la candidatura delle olimpiadi invernali del 2026, la partita delle colline del Prosecco patrimonio dell’Unesco e, spero, la fidejussione dei mondiali di ciclismo di Vicenza». Senza trascurare le attese di particolari settori della società come i risparmiatori traditi dalle ex banche popolari venete. «I due partiti di governo si sono impegnati per mesi in questa direzione e si sono esposti con promesse chiare. È logico e umano pensare che questo esecutivo sia quello che riesce a traghettare fuori dalla palude i risparmiatori che hanno perso tutto». Oppure gli imprenditori ed i lavoratori di marchi storici del nostro agroalimentare, quali Melegatti e Pasta Zara che «rischiano di diventare dei contenziosi collettivi importanti. Non guasterebbe un progetto nazionale di supporto finanziario. Noi siamo schieratissimi ed è ovvio che coinvolgeremo anche il governo per gli aspetti di sua competenza». Frizioni fra Lega e Forza Italia? Giammai. «Ricordo che il 12 novembre 2011 le parti erano invertite. Fi sosteneva Monti e la Lega si chiamava fuori».