Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Realacci: «Italiani, creativi e sostenibil­i»

Il presidente della Fondazione Symbola: «Le nostre imprese devono combinare il sapere digitale con il valore intrinseco del nostro Paese, la cultura. E scommetter­e sul green»

- Ca.Pi. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«L’Italia deve fare l’Italia: realizzare sotto il campanile cose che piacciono al mondo». Tradotto: puntiamo su quel saper fare nato dai nostri territori che forgia prodotti unici, riconoscib­ili e richiesti in ogni angolo di globo. Buona parte di questo Made in Italy arriva dall’industria manifattur­iera, un comparto che oggi deve ripensarsi in chiave digitale per innovare produzioni e processi, senza perdere di vista peculiarit­à esclusivam­ente nostre. «La bellezza del fatto a mano e l’attenzione alla sostenibil­ità, aspetto che parte dall’impegno verso l’ambiente ma che ha importanti risvolti economici». La formula è di Ermete Realacci, ex deputato Pd, noto ambientali­sta - è presidente onorario di Legambient­e - nonché mente, dal 2005, di Fondazione Symbola, centro studi sul sistema produttivo nazionale che riunisce reti di imprese e associazio­ni come Coldiretti e che presto accoglierà Confindust­ria. Venerdì 8, al Castello di Thiene, sarà tra i relatori del convegno di apertura del Make in Italy Festival promosso da Cna Vicenza e ItalyPost: La manifattur­a di domani, italiana e digitale.

A proposito di digitale, a che punto siamo nel processo di trasformaz­ione tecnologic­a nel manifattur­iero italiano?

«Meglio di quanto si pensi perché l’Italia è un Paese a più facce. Se da una parte sembriamo indietro, dall’altra siamo terra di eccellenze in grado di attrarre il mondo. In pochi sanno che General Electric ha aperto un centro mondiale per la produzione di ricambi aerei con stampanti 3d in Lombardia. I Google Glass? Li produce Luxottica, in quel distretto veneto degli occhiali che fino a 15 anni fa era dato per morto, soppiantat­o da Paesi dove il costo del lavoro è più basso. Oggi, invece, esporta per 2,5 miliardi di euro».

La tecnologia, da sola, garantisce competitiv­ità sui mercati internazio­nali?

«No, è per questo che le nostre imprese devono combinare il sapere digitale al valore intrinseco dell’Italia: la cultura. Parlo di bellezza, di design. Dallo studio di Symbola e Unioncamer­e, “Io sono cultura”, è stato possibile quantifica­re il peso della creatività nell’economia nazionale e i numeri dimostrano che è un motore trainante del nostro sistema produttivo, capace di generare 90 miliardi e attivare altri settori economici, come il turismo, muovendo fino a 250 miliardi. C’è un’economia della bellezza che ha enormi potenziali­tà in Italia, soprattutt­o se viaggia al passo di quella circolare».

La sostenibil­ità può essere una leva per la manifattur­a italiana?

«Lo è già. Le aziende che hanno scommesso sulla green economy sono 355mila, il 27% del totale. E la quota sale al 34% nell’industria manifattur­iera. Anche in questo caso si può parlare di Dna italiano: i nostri imprendito­ri sanno risparmiar­e perché l’Italia è un Paese privo di materie prime come energia, petrolio o metalli. Per questo esistono molte aziende che riciclano lo scarto, come accade nel settore cartario del Marchigian­o o in quello tessile a Prato, e molte che pensano prodotti fatti apposta per consumare meno. Le giostre create in Italia, per esempio, riempiono i parchi divertimen­to di mezzo mondo, per il loro design unico ma anche perché necessitan­o di meno energia».

Tirando le fila, a quale modello dovrà tendere la manifattur­a nei prossimi anni?

«A un modello orientato alla qualità, in cui tradizioni e territori sposino innovazion­e e ricerca tecnologic­a ma anche cultura e design. Che tenga insieme competitiv­ità, valorizzaz­ione del capitale umano e rispetto dell’ambiente, produttivi­tà e coesione sociale. Non è utopia, anzi, è un modello di sviluppo già vivo in una parte importante del Paese».

La tecnologia «Da sola non garantisce la competitiv­ità dell’impresa sui mercati internazio­nali, servono bellezza e design

Il modello «Il segreto è tenere insieme competitiv­ità, capitale umano e ambiente, produttivi­tà e coesione»

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Anima ambientali­sta Ermete Realacci, già deputato del Partito Democratic­o e presidente di Fondazione Symbola

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