Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«Ex popolari, lo Stato finanzi il fondo rimborso soci con parte delle tasse sugli utili di Intesa»

- Federico Nicoletti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il fondo risarcimen­to soci delle ex popolari venete? «Lo Stato lo finanzi con le tasse sugli utili realizzati da Intesa sulla parte d’attività arrivato dalle ex venete». Torna a farsi vivo dopo mesi di silenzio Matteo Cavalcante, l’esponente della famiglia imprendito­riale di Vicenza proprietar­ia dei prodotti per la cosmetica Vagheggi. E per mezzo di lui anche l’associazio­ne grandi soci di Veneto Banca, che fu la «Per Veneto Banca».

I tempi che portarono l’associazio­ne al comando dell’ex popolare, nell’assemblea del ribaltone del 5 maggio 2016, sono lontani. E la banca è finita in liquidazio­ne. Ma l’associazio­ne dei grandi soci si rimette in piedi, con un’assemblea il 21 giugno a Padova, che chiama a raccolta i circa 200 soci, con un appello allargato a quelli dell’associazio­ne dei piccoli soci che era stata promossa dall’ex magistrato Giovanni Schiavon, ma anche a quelli Bpvi. Il momento, con l’avvio del nuovo governo LegaCinque Stelle, che ha dichiarato di voler cambiare il fondo di ristoro varato con la Legge di stabilità dall’esecutivo Gentiloni, è giusto per vedere se si possano creare davvero spazi per i soci di recuperare parte dei soldi perduti.

La prima mossa dei grandi soci, oltre a chiedere l’insinuazio­ne al passivo nelle liquidazio­ni, è mettere a punto un ventaglio di proposte per i parlamenta­ri veneti. L’idea più nuova riguarda dove trovare i soldi per alimentare il fondo risarcimen­ti statale, rispetto agli scarni 25 milioni l’anno per quattro anni stabiliti con la Legge di stabilità. «La proposta è che lo Stato metta a disposizio­ne le tasse sugli utili di Intesa, per la parte di attività aggiuntasi con l’incorporaz­ione delle ex venete -, sostiene Cavalcante -. E poi di destinare ai soci eventuali maggiori entrate dalla gestione dei crediti deteriorat­i affidati a Sga». Proposta, questa, che sconta il doppio limite di dover metter mano alle norme che destinano fin qui gli incassi ai creditori delle due liquidazio­ni, e di sapere, sulla base dei conti di Intesa, che il miliardo che si stimava rimanesse dopo i fondi da restituire prima di tutto allo Stato, già non c’è più.

I grandi azionisti invece non mettono nel mirino Intesa. A cui la richiesta è semmai sul credito. Sulla concentraz­ione dei prestiti di chi aveva prima più di un affidament­o tra Intesa, Veneto Banca e Bpvi, nonostante la dichiarata volontà dei vertici di non procedere alla riduzione dei fidi. «La concentraz­ione del credito c’è: la possiamo verificare di persona - sostiene Cavalcante -. La pressione va mantenuta su Intesa anche con la politica». Sul fronte rimborsi, poi, le questioni di principio aperte non mancano. Ad esempio, intorno alla domanda se vadano risarcite le vittime di comportame­nti scorretti sulla vendita delle azioni o i soci in quanto tali, aprendo la soluzione di un rimborso sul capitale di rischio perduto che, secondo la linea dell’ex governo Gentiloni, segnerebbe un precedente pericoloso. E ancora, se si tratti di risarcire dando priorità o meno ai piccoli soci e ai casi sociali, a cui le due banche avevano destinato 60 milioni poi bloccati dalle procedure di liquidazio­ne, e poi Intesa Sanpaolo cento milioni, congelati però ora di fronte al rischio di essere chiamata in causa nei processi come responsabi­le dei danni civili.

Cavalcante delinea la posizione, sapendo che non troverà magari tutti d’accordo: «Siamo per il risarcimen­to dei soci in quanto tali di Veneto Banca e Bpvi. Tranne per chi ha già accettato la conciliazi­one del 15% proposta lo scorso anno dalle due banche». Ma a quel punto i rimborsi dovrebbero allinearsi al 15% restituito con l’operazione di transazion­e? «Non si vede il perché - è la replica -. E poi si ha un bel dire che le azioni delle due banche erano capitale di rischio. A parte che c’erano più risparmiat­ori che azionisti, a parte che i titoli non erano quotati, la questione è che l’esito delle due banche è stato determinat­o anche da scelte di politica - vedi la riforma delle popolari - e di vigilanza così stringenti, da aver tolto agli azionisti spazi effettivi di manovra».

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