Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Ex popolari, lo Stato finanzi il fondo rimborso soci con parte delle tasse sugli utili di Intesa»
Il fondo risarcimento soci delle ex popolari venete? «Lo Stato lo finanzi con le tasse sugli utili realizzati da Intesa sulla parte d’attività arrivato dalle ex venete». Torna a farsi vivo dopo mesi di silenzio Matteo Cavalcante, l’esponente della famiglia imprenditoriale di Vicenza proprietaria dei prodotti per la cosmetica Vagheggi. E per mezzo di lui anche l’associazione grandi soci di Veneto Banca, che fu la «Per Veneto Banca».
I tempi che portarono l’associazione al comando dell’ex popolare, nell’assemblea del ribaltone del 5 maggio 2016, sono lontani. E la banca è finita in liquidazione. Ma l’associazione dei grandi soci si rimette in piedi, con un’assemblea il 21 giugno a Padova, che chiama a raccolta i circa 200 soci, con un appello allargato a quelli dell’associazione dei piccoli soci che era stata promossa dall’ex magistrato Giovanni Schiavon, ma anche a quelli Bpvi. Il momento, con l’avvio del nuovo governo LegaCinque Stelle, che ha dichiarato di voler cambiare il fondo di ristoro varato con la Legge di stabilità dall’esecutivo Gentiloni, è giusto per vedere se si possano creare davvero spazi per i soci di recuperare parte dei soldi perduti.
La prima mossa dei grandi soci, oltre a chiedere l’insinuazione al passivo nelle liquidazioni, è mettere a punto un ventaglio di proposte per i parlamentari veneti. L’idea più nuova riguarda dove trovare i soldi per alimentare il fondo risarcimenti statale, rispetto agli scarni 25 milioni l’anno per quattro anni stabiliti con la Legge di stabilità. «La proposta è che lo Stato metta a disposizione le tasse sugli utili di Intesa, per la parte di attività aggiuntasi con l’incorporazione delle ex venete -, sostiene Cavalcante -. E poi di destinare ai soci eventuali maggiori entrate dalla gestione dei crediti deteriorati affidati a Sga». Proposta, questa, che sconta il doppio limite di dover metter mano alle norme che destinano fin qui gli incassi ai creditori delle due liquidazioni, e di sapere, sulla base dei conti di Intesa, che il miliardo che si stimava rimanesse dopo i fondi da restituire prima di tutto allo Stato, già non c’è più.
I grandi azionisti invece non mettono nel mirino Intesa. A cui la richiesta è semmai sul credito. Sulla concentrazione dei prestiti di chi aveva prima più di un affidamento tra Intesa, Veneto Banca e Bpvi, nonostante la dichiarata volontà dei vertici di non procedere alla riduzione dei fidi. «La concentrazione del credito c’è: la possiamo verificare di persona - sostiene Cavalcante -. La pressione va mantenuta su Intesa anche con la politica». Sul fronte rimborsi, poi, le questioni di principio aperte non mancano. Ad esempio, intorno alla domanda se vadano risarcite le vittime di comportamenti scorretti sulla vendita delle azioni o i soci in quanto tali, aprendo la soluzione di un rimborso sul capitale di rischio perduto che, secondo la linea dell’ex governo Gentiloni, segnerebbe un precedente pericoloso. E ancora, se si tratti di risarcire dando priorità o meno ai piccoli soci e ai casi sociali, a cui le due banche avevano destinato 60 milioni poi bloccati dalle procedure di liquidazione, e poi Intesa Sanpaolo cento milioni, congelati però ora di fronte al rischio di essere chiamata in causa nei processi come responsabile dei danni civili.
Cavalcante delinea la posizione, sapendo che non troverà magari tutti d’accordo: «Siamo per il risarcimento dei soci in quanto tali di Veneto Banca e Bpvi. Tranne per chi ha già accettato la conciliazione del 15% proposta lo scorso anno dalle due banche». Ma a quel punto i rimborsi dovrebbero allinearsi al 15% restituito con l’operazione di transazione? «Non si vede il perché - è la replica -. E poi si ha un bel dire che le azioni delle due banche erano capitale di rischio. A parte che c’erano più risparmiatori che azionisti, a parte che i titoli non erano quotati, la questione è che l’esito delle due banche è stato determinato anche da scelte di politica - vedi la riforma delle popolari - e di vigilanza così stringenti, da aver tolto agli azionisti spazi effettivi di manovra».