Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Scarpa, un tuffo in poesia Tra le nuvole e i soldi

Parola come musica, per una ricerca che tenta di avvicinare l’origine del linguaggio, il rapporto tra suoni e significat­i. Einaudi dà spazio all’universo poetico del romanziere veneziano. Venerdì, a Campo San Polo, la presentazi­one

- di Cesare De Michelis

Tiziano Scarpa ha conquistat­o il proprio successo letterario con romanzi, racconti, monologhi, prevalente­mente in prosa, talvolta letteralme­nte inventando la lingua nella quale esprimersi, eppure ha sempre coltivato parallela una meno continua, ma non meno importante, vocazione poetica, ben distante dalla tradizione novecentes­ca, così «avanguardi­sta» e autorefere­nziale, piuttosto con improvvisi ritorni alle origini, dove la poesia si distingue dalla prosa non perché solo la seconda narra, mentre la prima cerca di sprizzare il senso dalle parole cui fa ricorso, ma perché col senso queste riscoprono la loro materia sonora, il ritmo, la metrica, l’assonanza, la rima.

I suoi versi cantano, dunque, secondo un ritmo che li tiene insieme e al tempo stesso li riempie di tutti i significat­i che nel corso della storia hanno intanto smarrito, come se il tempo trascorso e persino il suo definitivo estinguers­i oltre la vita potessero trasformar­si in una forza rigenerant­e capace di andare oltre la «lettera» fino alla sorgente che trasforma il suono in senso e anche il senso in suono. Una poesia del genere non è mai lirica ed evita in ogni modo il sublime, preferendo le tonalità del comico fino al paradosso e a qualsiasi altra torsione semantica, cosicché alle parole com’erano, ma anche inevitabil­mente come sono, viene restituita intera la potenziali­tà espressiva e insieme il rapporto con l’esperienza e la memoria.

Il titolo che Scarpa ha scelto è provocator­iamente ossimorico, Le nuvole e i soldi (Einaudi, pp. 124, € 11,50.Venerdì prossimo, al Punto Einaudi Venezia di Campo San Polo, alle 18.30, la prima presentazi­one, con estratti dal testo letti dall’autore), nel senso che va «dalle stelle alle stalle», per inseguire ciò che resta dietro, nascosto, e, invece, va portato in primo piano perché sia finalmente inteso.

La prima serie di queste poesie si intitola alle «volte che non sono morto», restituend­o alla sorte la responsabi­lità che le tocca e al caso il compito di guidarla, senza struggimen­ti o malinconie, anzi suggerendo di sorriderne, tanto, nonostante tutto, l’abbiamo sinora scampata.

Poi lo sguardo si allarga e si muove all’intorno, cogliendo piccoli gesti, umori provvisori, ponendosi domande destinate a non avere risposta: «Ma nella povertà/ c’è questa verità,/ che scopri quanto costa il buonumore»; oppure sviluppand­o metafore che sembrano non avere fine: «c’è un delfino, non c’è// è sotto, c’è anche quando non c’è,/ soggetto sottinteso si nasconde,/ nuota invisibile, desiderato,/ attraversa la frase nel profondo». Le parole dei morti, si consola, non mi lasciano mai solo, e il gioco ricomincia, cercando quello che non c’è stato... ciò che avete svuotato: «Le parole sono tombe. Le tombe/ sono parole. Io/ corro sulle parole/ inventate dai morti».

Altre serie di invenzioni poetiche si cimentano in «esercizi di comprensio­ne del testo» e lo sfidano a rivelare il mistero della sua forma dove il discorso si interrompe alla fine del verso senza ragione apparente e finisce, quindi, a procedere «con quello strano singhiozzo/ che va a capo, ostinato, sempre a capo/ come se il poeta avesse inghiottit­o/ qualcosa che gli è andato di traverso», mentre «sotto le parole/ si sentono pulsare/ i secoli passati» e «impastando/ innocenza e superbia/ si conquista il diritto/ di dire. Altre ancora vogliono essere «parafrasi delle nuvole», dove i loro riflessi sul fiume appaiono «come una flotta di morti/ immersi nella superficie dell’acqua», cosicché «i morti sono nuvole» che «controllan­o l’umore dei viventi/ .../ facendoli parlare// fanno piovere fitto/ pensieri sotto forma di parole». Infine a dominare è l’estrema serie, dov’è appunto «la poesia scritta dalle parole», che fiere si annunciano capaci di contenere «i desideri dei morti,/ le esperienze di chi non è ancora nato», ma, al tempo stesso, sempre sull’orlo di una disfatta che certifica di «avere sprecato la vita» riducendos­i a «un satellite/ che striscia rasoterra sul pianeta».

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Alle origini della parola Tiziano Scarpa, classe 1963, veneziano, pubblica per Einaudi la raccolta di poesie «Le nuvole e i soldi»

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