Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Il caporeparto pretendeva regali per dare le ferie Condannato
Tappeti e collane per concedere i giorni migliori. Condanna per estorsione
Per almeno sei anni, secondo la ricostruzione dell’accusa, il caporeparto Roberto Bertan, 49enne di Scorzè, aveva preteso regali da alcuni dei suoi sottoposti e per questo il magistrato l’ha condannato a 3 anni e 8 mesi per estorsione. Il caso all’azienda Ilnor di Scorzè.
L’immancabile mug con i monumenti più famosi o la classica maglietta «I love...» con il cuore rosso. Il sacchettino di spezie o di tè, oppure il portachiavi, la calamita da frigorifero o la bottiglia. E chi più ne ha, più metta. Tutti noi, quando andiamo in vacanza, dedichiamo qualche mezz’oretta a parenti, amici o colleghi, per portare un piccolo pensiero al nostro ritorno. Ma all’azienda Ilnor di Scorzè, secondo quanto ha stabilito ieri il giudice Michela Rizzi, succedeva qualcosa di ben diverso. Per anni – almeno sei, secondo la ricostruzione dell’accusa – il caporeparto Roberto Bertan, 49enne di Scorzè, aveva preteso regali da alcuni dei suoi sottoposti e per questo il magistrato l’ha condannato a 3 anni e 8 mesi per estorsione. In caso contrario, infatti, Bertan li minacciava che si sarebbe vendicato, per esempio ostacolando le loro richieste di ferie. Le vittime, in particolare, erano gli operai stranieri, che di solito chiedono periodi piuttosto lunghi, anche tre settimane, per poter tornare in patria.
In particolare uno di loro, l’unico a presentare la denuncia e a costituirsi parte civile, era un 42enne tunisino che tra il 2005 e il 2011 era stato «costretto» a portare al suo caporeparto un tappeto orientale fatto a mano, una collana di corallo e varie stecche di sigarette. Regali non da pochi euro ma che, secondo la stima fatta anche dal suo avvocato Daria Paparella, gli sarebbero costati 2400 euro complessivi, che ieri il legale aveva chiesto come risarcimento danni, insieme a quelli morali e a quelli per i mancati straordinari. Il tunisino infatti sarebbe stato anche a lungo «boicottato» per le ore di lavoro in più, nonostante nel corso del processo fosse stato sentito come testimone il direttore dello stabilimento, il quale aveva riferito che spesso c’era molto lavoro, e aveva chiesto la restituzione dei 200-250 euro in più che avrebbe potuto guadagnare al mese per cinque anni. Il giudice, a fronte di una richiesta dell’avvocato Paparella di 36 mila euro di danni, ha riconosciuto una provvisionale di 18 mila più 4500 di spese legali.
Nel corso della requisitoria il pm Elisabetta Spigarelli, che aveva concluso con una richiesta ancor più severa di 5 anni e 3 mesi, aveva spiegato che c’erano almeno altre due vittime che gli avrebbero portato cellulari e iPad, una borsa in pelle di cobra e vari portafogli. Costoro però, pur chiamati a testimoniare, non avevano ritenuto di costituirsi parte civile nel processo. Secondo il capo d’imputazione della procura, Bertan «avrebbe abusato della sua posizione per ottenere un profitto personale, vessando e minacciando i sottoposti». Oltre a non dare il proprio ok alle richieste sulle ferie, l’uomo avrebbe anche detto loro che li avrebbe messi in cattiva luce con i superiori se non fossero venuti incontro alle sue richieste. Oltre alle vittime, che avevano confermato di essere stati costretti ai regali, tra i testimoni c’era stato invece un altro operaio che aveva raccontato di essere stato penalizzato per non aver mai portato regali al capo.
La difesa aveva invece portato le testimonianze di altri operai che non avevano mai avuto richiesta, cercando di sostenere la tesi che non c’era alcun obbligo, ma che erano regali volontari e spontanei e che dunque l’accusa era stata montata ad arte. Il pm però ha convinto il giudice di un solido impianto accusatorio ed è arrivata la pesante condanna per l’ex caporeparto.