Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Da materia ancilla a museo L’avventura della Geografia
UNIVERSITA’ E INNOVAZIONE Nel 2019 aprirà a Padova il primo museo geografico d’Italia nel solco della tradizione patavina che ha istituito la cattedra al Bo nel 1872. Nelle sale si potranno anche sentire gli odori del mondo
Viaggiare, capire, connettere le informazioni. È facile unire i puntini della letteratura, della storia, dell’arte, della biologia, dell’economia e della politica. Basta usare la linea sicura della Geografia, la disciplina che per eccellenza mette insieme le cose. Quella che i dittatori eliminano dai programmi scolastici, quella che i populisti fingono di ignorare, quella che aiuta a capire le differenze che attraversano il mondo e che permette di fare luce su ciò che accomuna gli uomini.
Per la prima volta la Geografia non è destinata a restare la materia «ancilla» che da studenti si odia e da viaggiatori si brama, ma è stata elevata a rango superiore, a museo. L’università di Padova, che vanta una lunghissima tradizione nello studio della materia, ha infatti deciso di trasformare Palazzo Wollemborg, in via del Santo 26, da storica sede della facoltà di Geografia (ora confluita nel Dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità) al primo Museo di Geografia d’Italia.
«Il museo vuole rilanciare il ruolo di una disciplina spesso bistrattata e ritenuta obsoleta nella società contemporanea – afferma Mauro Varotto, docente di Geografia al Bo e responsabile scientifico del museo –. L’Università e il Museo non intendono però essere solo uno spazio per raccogliere collezioni di globi o carte antiche, ma anche un luogo in cui ravvivare l’immagine della disciplina promuovendo eventi, mostre, iniziative pubbliche, laboratori per scuole di ogni ordine e grado, corsi di formazione, visite guidate per curiosi di conoscenza geografica». Il museo che segue il solco della tradizione padovana (la prima cattedra di Geografia assegnata al professor Giuseppe Dalla Vedova risale al 1872) sarà completato nel 2019 e le sale saranno tre per una superficie complessiva di circa 90 metri quadrati. La prima sala sarà dedicata al professor Giuseppe Morandini (19091969), grande esploratore e docente di Padova, i cui strumenti saranno esposti assieme a fotografie, carte storiche e planisferi. Ci sarà anche un mosaico con 20 tessere girevoli che riassumono la storia dei grandi esploratori. Nella seconda sala, dedicata al professor Luigi De Marchi (18571936), docente di geografia fisica, verranno allestiti quattro corner che si riferiranno ai quattro elementi fondamentali (aria, acqua, terra e fuoco): i visitatori potranno capire come si effettuano le misurazioni e imparare qualcosa sul cambiamento climatico. Saranno presenti dei monitor sui quali si potranno guardare video e un exhibit con tanti cassetti: in ognuno verranno riportate le buone pratiche per contrastare il cambiamento climatico. L’ultima sala sarà dedicata al professor Dalla Vedova (1834-1919) e raccoglierà atlanti e cartografie storiche, un grande plastico delle Alpi Svizzere e alcune tavole didattiche. «In quest’ultima parte del percorso verranno rilasciati degli odori al passaggio dei visitatori, come l’odore dell’erba o dei fiori per rendere l’esperienza immersiva e completa», spiegano Laura Bello e Stefania Ingoglia dello studio Amuse che ha curato la progettazione del museo.