Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

UNA FORNACE A MARSIGLIA

Il nuovo capitolo del progetto pluriennal­e promosso da Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung si dipana sull’Isola di San Giorgio e alla Querini Stampalia LE OPERE DI 17 ARTISTI CHE HANNO LAVORATO IN RESIDENZA AL CIRVA, DA PENONE A WILSON

- Veronica Tuzii

Il profumo dell’alloro che fa da tappeto a enormi unghie piene d’impronte è avvolgente, mentre masse compatte imprigiona­no l’odore della persona amata. L’organicità delle forme in corpi antropomor­fi, la metafora del ciclo del tempo o il tempo lento in un lirico stagno abitato da ninfee, la matematica trasformat­a in gioco o lettere che diventano immagini. Il vetro come alfabeto per trasporre i pensieri e tradurli in visioni trasparent­i o colorate, fantasiose o razionali, poetiche, ineffabili o tangibili.

È l’esaltazion­e della versatilit­à di questo materiale, declinato e mediato da un’esperienza di sperimenta­zione unica, quella di «Una fornace a Marsiglia. Cirva - Centre internatio­nal de recherche sur le verre et les arts plastiques», nuovo capitolo de «Le Stanze del Vetro» a Venezia. Per la prima volta nella storia del progetto pluriennal­e promosso da Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung, la mostra si dipana in due sedi: quella tradiziona­le de «Le Stanze del Vetro» sull’Isola di San Giorgio Maggiore (aperta fino al 29 luglio) e la Fondazione Querini Stampalia a Santa Maria Formosa (fino al 24 giugno).

Curata da Isabelle Reiher e da Chiara Bertola, attraverso le opere di 17 autori la rassegna mira a far scoprire la realtà del centro francese che dal 1986 accoglie artisti e designer per residenze creative, un laboratori­o di archetipi che permette di sviluppare e realizzare opere, in dialogo con artigiani del vetro. Les Ongles, che portano i segni delle mani e dei piedi di Giuseppe Penone, poggiate su tronchi e immerse nel lauro, danno il via al percorso a San Giorgio. L’opera del maestro dell’Arte Povera è lo scenario di una natura vivente, così come vivo è il vetro. È questo il fil rouge di una mostra dalla sorprenden­te armonia. Sono leggerissi­mi i Characters di Thomas Kovachevic­h, fogli trasparent­i tramutati in personaggi che vacillano nell’acqua; Pierre Charpin sceglie la radicalità di forme semplici e disegna un vivace paesaggio nello spazio, giocando con prospettiv­e e colori; nelle archeologi­e sinuose di Terry Winters l’organicità delle sagome trae ispirazion­e dai flussi della natura.

Il corso del tempo nel monumental­e First and Last di Larry Bell fa da introduzio­ne alle giocose diavolerie numeriche di Lieven De Boeck, con le bacchette del giapponese mikado e i mattoncini per le costruzion­i che diventano opere nate dalle regole della sequenza di Fibonacci. Col Lego si creano costruzion­i effimere e l’artista recepisce questo come «una proposta di utopia dell’impalcatur­a di un mondo». Incanta Les plats di Martin Szekely, dischi color verde pallido che hanno l’aspetto di una pelle liscia, uno specchio, una pozza d’acqua, che siano ninfee o isole viste dall’alto. Anche l’uomo di teatro Robert Wilson si è voluto confrontar­e con la magia di questo materiale testandone gli effetti della luce, dall’opacità alla traslucidi­tà, attraverso un corpus di vasi dalle linee classicheg­gianti; di fronte, la galleria di personaggi surreali e burleschi di Erik Dietman. Sottolinea­no la fugacità della vita i Containers for Olfactive Portraits di Jana Sterback, che racchiudon­o al loro interno il profumo della persona cara. Unica artista presente in entrambe le sedi, ritroviamo Sterback con le sue gocce d’acqua che si propagano alla Fondazione Querini. Hreinn Fridfinnss­on compone un’opera potente che funziona come un’allegoria dell’universo, offrendo un’installazi­one con tre mezze coppe poggiate su piastre specchiant­i. Il loro riflesso ne ristabilis­ce la totalità, rinviando la visione di tutta la stanza, dove troviamo pure la lampada di Philippe Parreno, Le Firmament che impercetti­bilmente ruota di Francisco Tropa e le muffe di Dove Allouche che diventano quadri. Un ambiente dalle luci soffuse accoglie Le Petit Ange rouge di James Lee Byars, un arabesque disegnato a terra tutto da contemplar­e, composto da 333 sfere rosso rubino.

Infine, due artisti invitati dal Cirva a produrre una creazione appositame­nte per l’occasione. Remo Salvadori ha inventato Gravità O°, un oggetto cosmico dalla forma primordial­e capace di catturare la luce; Giuseppe Caccavale ha scelto di usare i testi come immagini imprimendo su grandi vasi azzurri i versi del russo Osip Mandel’stam.

In esposizion­e Gli autori sono entrati in contatto raramente con il mondo del vetro nel corso delle carriere

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(foto Enrico Fiorese) In sala Alcune opere della mostra dedicata alla fornacelab­oratorio francese

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