Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Rabarama: le sue opere in mano al liquidator­e «Sono senza un soldo e ho 6 milioni di debiti»

- di Angela Tisbe Cioicola

«Avevo una casa a Saint-Tropez e una a Padova. Giravo in Bentley. E all’improvviso mi sono ritrovata a non avere più neanche i soldi per la spesa». Occhi lucidi truccati, come sempre, di nero, come neri sono gli abiti che indossa, stretta all’adorato bassotto. Rabarama, al secolo Paola Epifani, scultrice 48enne al centro di una lotta legale con i galleristi Cinzia Vecchiato e il marito Roberto Canova, rompe il silenzio e, a pochi giorni dal fallimento delle due società legate alla famiglia Vecchiato, ripercorre gli ultimi quattro anni, quelli in cui la sua vita si è capovolta. Perché lei, artista le cui opere sono ancora oggi esposte in mezza Europa, si è trovata improvvisa­mente senza nulla.

Era il 2014: Dante Vecchiato, fondatore e anima delle gallerie, nonché compagno di Rabarama, era morto da tre anni, e le redini della società sono passate in mano alla sorella Cinzia. «Erano la mia famiglia — ricorda la Epifani —. Io creavo e loro non solo esponevano e vendevano le mie opere, ma ne gestivano anche l’aspetto economico e contabile. Mi fidavo ciecamente di loro, anche perché i soldi non mancavano». Fino a quando, quattro anni fa appunto, qualcosa è cambiato. «Ho iniziato a ricevere telefonate dalle banche e le fonderie dove venivano realizzate le mie sculture hanno iniziato a lamentarsi per i ritardi nei pagamenti. Ci sono voluti mesi per capire cosa fosse successo». E la cosa assurda, continua a raccontare Rabarama assistita dai suoi due avvocati, Ernesto De Toni che la segue dal punto di vista penale e Paolo Chiarelli che si occupa dell’aspetto civile della diatriba, è che i primi a dare inizio a una querelle legale sono stati proprio i Vecchiato. «La causa è nata a Venezia, al Tribunale delle imprese, perché la società Vecchiato pretendeva di avere l’esclusiva nei confronti di Rabarama — spiega Chiarelli —. Solo in un secondo momento è emersa l’intera vicenda». Vale a dire, sostiene l’artista, una serie di raggiri e operazioni non giustifica­bili, che hanno creato un danno economico notevole.

«Paola Epifani era una sicurezza per le banche — aggiunge l’avvocato De Toni — e quindi aveva garantito per i debiti personali di Cinzia Vecchiato. Alla fine però si è trovata con un debito di sei milioni di euro».

Il tribunale ha ora nominato un liquidator­e del patrimonio di Rabarama, Ornella Guarniero, che gestirà l’intera vita della scultrice: non solo controller­à tutte le opere sparse per le gallerie d’arte d’Europa, ma anche quelle future, i cui proventi andranno a coprire il debito. E il fallimento delle due società Vecchiato hanno anche vanificato la speranza di rivalsa economica nei loro confronti. Nel frattempo, però, Rabarama aveva denunciato per appropriaz­ione indebita Cinzia Vecchiato e Roberto Canova, per aver sottratto, tra il 2009 e il 2013, 3 milioni e 378mila euro dai suoi conti. Denuncia che, nell’agosto 2017, aveva portato il pm Sergio Dini a presentare una richiesta di rinvio a giudizio. Da quel momento, però, nulla più è stato fatto e, ad oggi, ancora non è stata fissata un’udienza per un dibattimen­to.

«Stiamo aspettando che si fissi il processo e che il dibattimen­to entri nel vivo. Di quei soldi, la prescrizio­ne si è già mangiata due milioni», ha commentato De Toni. Nel frattempo, però, Rabarama ha attraversa­to un momento difficile anche dal punto di vista artistico.

«Per un po’ ho smesso di creare — racconta lei — e le poche opere rispecchia­vano la mancanza di serenità. Le mie quotazioni si sono abbassate, ho perso commesse importanti come quella con il proprietar­io del Cirque du Soleil, e le gallerie hanno iniziato a rifiutare le mie sculture. Io ho perso tutto, eppure mi chiedo come mai, se i Vecchiato sono falliti, il loro spazio espositivo sia in funzione e le mie opere ancora in loro disponibil­ità vengano spostate da Abano in Belgio».

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Prime immagini dopo anni Rabarama ieri si è presentata ai giornalist­i dopo anni e ha parlato per la prima volta della sua vicenda

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