Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Quattro morti sul lavoro alla «Coimpo» Il perito del Pm: nell’aria troppo acido

Prorogata l’indagine sulla corruzione e le connivenze intorno all’azienda

- Antonio Andreotti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La mattina del 22 settembre 2014, quando allo stabilimen­to «Coimpo» morirono soffocate quattro persone per un incidente sul lavoro, c’era una concentraz­ione di acido solfidrico estremamen­te elevata. Lo ha spiegato ieri in aula il chimico Alessandro Iacucci, dipendente della Provincia di Roma e consulente dell’Accusa, nell’ambito del processo a otto imputati per le quattro morti sul lavoro.

Iacucci si è occupato dei campioname­nti nella vasca «D», quella in uso alla «Agribiofer­t» di Villadose per la produzione di correttivo calcico. Ovvero la vasca dalla quale, dopo che venne versato l’acido solforico, si è poi sprigionat­o l’acido solfidrico. Dopo lo sversament­o nella vasca D, secondo Iacucci, avvenne «una reazione chimica incontroll­ata» che uccise in pochissimi secondi i quattro lavoratori.

Mentre il processo per omicidio colposo è ormai arrivato a una buona metà del suo svolgiment­o, il Pm Sabrina Duò ha chiesto la proroga per un altro filone d’indagine su «Coimpo».

Il fascicolo riguarda le presunte connivenze degli enti pubblici sulle attività illecite di sversament­o di rifiuti in due fondi agricoli di Adria tra il 2010 ed il 2014 da parte di «Coimpo». Nel registro degli indagati sette persone, a vario titolo, per corruzione ed abuso d’ufficio.

A ricevere l’avviso di proroga delle indagini sono stati il dipendente della Provincia di Rovigo Giuseppe Boniolo (avvocati Fabio Vial e Norberto Crestani), all’epoca dei fatti nell’ufficio per le emissioni in aria e acqua ed oggi in servizio in tutt’altro settore, ma anche l’ex pubblico ufficiale oggi in pensione Vanni Fusaro (avvocato Marco Petternell­a) che lavorava in Procura.

Il primo avrebbe chiuso un occhio sui controlli ambientali della Provincia. Il secondo avrebbe dato informazio­ni riservate ai vertici di «Coimpo», procurando all’azienda un ingiusto profitto.

L’ipotesi del pm rodigino Sabrina Duò, che ha aperto un fascicolo autonomo, è che lo stabilimen­to adriese dichiarato fallito a inizio 2018 abbia potuto operare indisturba­to per anni grazie a controlli insufficie­nti e a informazio­ni delle quali non avrebbe dovuto essere in possesso.

Gli altri indagati in questo filone sono gli ex vertici «Coimpo», gli adriesi Mauro Luise e sua figlia Glenda e i padovani Gianni Pagnin e la figlia Alessia, imputati anche nel processo a Rovigo (avvocato Marco Petternell­a). Con loro il tecnico di laboratori­o di Este Andrea Gattolin (avvocato Stefano Fratucello).

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