Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Quattro morti sul lavoro alla «Coimpo» Il perito del Pm: nell’aria troppo acido
Prorogata l’indagine sulla corruzione e le connivenze intorno all’azienda
La mattina del 22 settembre 2014, quando allo stabilimento «Coimpo» morirono soffocate quattro persone per un incidente sul lavoro, c’era una concentrazione di acido solfidrico estremamente elevata. Lo ha spiegato ieri in aula il chimico Alessandro Iacucci, dipendente della Provincia di Roma e consulente dell’Accusa, nell’ambito del processo a otto imputati per le quattro morti sul lavoro.
Iacucci si è occupato dei campionamenti nella vasca «D», quella in uso alla «Agribiofert» di Villadose per la produzione di correttivo calcico. Ovvero la vasca dalla quale, dopo che venne versato l’acido solforico, si è poi sprigionato l’acido solfidrico. Dopo lo sversamento nella vasca D, secondo Iacucci, avvenne «una reazione chimica incontrollata» che uccise in pochissimi secondi i quattro lavoratori.
Mentre il processo per omicidio colposo è ormai arrivato a una buona metà del suo svolgimento, il Pm Sabrina Duò ha chiesto la proroga per un altro filone d’indagine su «Coimpo».
Il fascicolo riguarda le presunte connivenze degli enti pubblici sulle attività illecite di sversamento di rifiuti in due fondi agricoli di Adria tra il 2010 ed il 2014 da parte di «Coimpo». Nel registro degli indagati sette persone, a vario titolo, per corruzione ed abuso d’ufficio.
A ricevere l’avviso di proroga delle indagini sono stati il dipendente della Provincia di Rovigo Giuseppe Boniolo (avvocati Fabio Vial e Norberto Crestani), all’epoca dei fatti nell’ufficio per le emissioni in aria e acqua ed oggi in servizio in tutt’altro settore, ma anche l’ex pubblico ufficiale oggi in pensione Vanni Fusaro (avvocato Marco Petternella) che lavorava in Procura.
Il primo avrebbe chiuso un occhio sui controlli ambientali della Provincia. Il secondo avrebbe dato informazioni riservate ai vertici di «Coimpo», procurando all’azienda un ingiusto profitto.
L’ipotesi del pm rodigino Sabrina Duò, che ha aperto un fascicolo autonomo, è che lo stabilimento adriese dichiarato fallito a inizio 2018 abbia potuto operare indisturbato per anni grazie a controlli insufficienti e a informazioni delle quali non avrebbe dovuto essere in possesso.
Gli altri indagati in questo filone sono gli ex vertici «Coimpo», gli adriesi Mauro Luise e sua figlia Glenda e i padovani Gianni Pagnin e la figlia Alessia, imputati anche nel processo a Rovigo (avvocato Marco Petternella). Con loro il tecnico di laboratorio di Este Andrea Gattolin (avvocato Stefano Fratucello).