Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

La madre di Sonia: «Spero possa lasciare l’Isis e tornare»

I familiari: ci manca. Ma il sindaco: si valuti

- Di Renato Piva

«Sonia? Ha telefonato alcuni mesi fa. Speriamo che un giorno possa davvero tornare a casa». E’ la sintesi delle parole dei familiari di Sonia Khedhiri, la ventunenne originaria della Tunisia ma cresciuta a Fonte, nel Trevigiano, che nel 2014 è fuggita in Siria. La ragazza, nell’intervista pubblicata ieri dal Corriere Veneto, ha spiegato che suo marito - un miliziano dell’Isis - è stato ucciso e ora è pentita della sua scelta e vorrebbe tornare in Italia, dalla sua famiglia.

«Lo dice sempre che vuole tornare». La semplicità con cui viene offerta rafforza la risposta. Sono comunque parole sorprenden­ti, perché quel «dice sempre» ha la voce della sorella minore di Sonia Khedhiri ed è riferito proprio a Sonia, la 21enne trevigiana «fuggita» dall’Italia quattro anni fa(era il 26 agosto) per abbracciar­e l’Isis, lo Stato Islamico. La sorella e la madre di Sonia sono di nuovo in Veneto da Pasqua. Dopo un periodo trascorso in Tunisia, sono tornate nella casa a Fonte Alto, paesino di mille anime adagiato sugli Asolani, dove la famiglia abita da ormai trent’anni. Tra quei colli è sempre rimasto Lotfi, padre di Sonia, operaio in un’azienda meccanica nella vicina Castelfran­co. Khedhiri, però, da tempo ripete di non avere più contatti con la figlia. Stessa versione da parte della ragazza, intervista ieri per il Corriere del Veneto ad Hin Hissa, mastodonti­co campo profughi a un centinaio di chilometri da Raqqa, città che fu roccaforte del Califfato in Siria, ora deserto di disperazio­ne: «Non li ho più sentiti».

La madre di Sonia (stenta con l’italiano, ma è «mediata» dalla figlia) conferma, invece, che qualche contatto recente c’è stato: «Li tiene mio marito». Non si parla di anni, vero? Mesi, settimane? «Mesi, sì», dice la ragazzina. Leggiamo insieme l’intervista, le parole di Sonia: «Vorrei tornare a casa mia ma non so se sarà mai possibile». «Noi - apre la sorellina - speriamo sempre che possa tornare. É normale... É mia sorella». «Magari», le fa eco la mamma con un sospiro. Ora le domande le fa la ragazza: «Ma dov’è?». In un grande campo profughi a nord della Siria. «E sta bene?». In una situazione certo difficile, ma pare di sì. «E può tornare? Quanto tempo ci vuole perchè torni?». Questione complicata. La spiega proprio Sonia nell’articolo: «Non è affatto facile fare retromarci­a, tornare indietro. Si può pagare, ingenti somme di denaro, ma non è una garanzia neppure quella». Dalla mamma, stavolta con un italiano semplice ma «autonomo», una domanda che strizza il cuore: «Ma ha da mangiare? Ha da mangiare per i bambini?». Caviamo di tasca qualche parola rassicuran­te, per quanto si possa rassicurar­e la madre di una ragazza che ha scelto uno degli inferni più roventi della Terra, e ora chiede un biglietto per tornare indietro: un biglietto che, forse, non c’è. So che Sonia le manca, signora... La donna si stringe nelle spalle, abbassa il capo: «Sì...».

Sonia Khedhiri ha sposato l’emiro tunisino Abu Hamza, considerat­o il numero due delle milizie del Califfato. Ad un’amica conosciuta in Siria, Khadeja Aum Barqa, aveva raccontato di essere rimasta affascinat­a dalle parole del «Lupo», un predicator­e che «lavorava» per convincere le giovani europee a unirsi al Califfato e di essere fuggita per sposarlo. Una volta in Siria, sempre secondo il racconto di Aum Barqa, la trevigiana, allora 17enne, avrebbe scoperto che il futuro sposo era stato ucciso. Allora ha accettato le nozze con Abu Hamza, 38 anni più vecchio: «Sono pronto a morire in battaglia con mia moglie», le parole dell’emiro: per questo Sonia, come forse avrebbe voluto, non ha potuto consegnars­i alle forze siriane con l’arretramen­to dell’Isis, com’è riuscito ad altre donne.

«Farla tornare? Per me è anche meglio di no», dice Massimo Tondi. Sindaco di Fonte da nove anni con una civica mista di Lega e centrosini­stra («Siamo un paese piccolo, sono dinamiche da noi ci possono stare»), Tondi spiega: «E’ partita di sua volontà per una situazione che condividev­a e le offriva, a parer suo, prospettiv­e migliori. Ha sposato un pezzo grosso, e bisogna essere qualcuno per far questo. Essere sposati non vuol dire essere terroristi, ma credo che la volontà di ritorno debba essere valutata ben bene».

In procura, a Venezia, sulla vicenda Khedhiri è ancora tutto sospeso. Oltre un anno fa l’Antiterror­ismo veneziano aveva chiesto l’arresto di Sonia, contestand­ole di essersi arruolata come foreign fighter, ma sia il giudice preliminar­e che il tribunale del riesame, a cui era stato presentato appello, hanno ritenuto non ci fossero i presuppost­i per una misura cautelare. «Allo stato il fascicolo è aperto e non ci sono state né richieste di rinvio a giudizio né archiviazi­oni - spiega il procurator­e capo di Venezia, Bruno Cherchi -. L’unico fatto che pare acclarato è il matrimonio con un esponente importante dell’Isis, che però di per sé stesso non è un reato. Vedremo se ci saranno elementi di novità».

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Corriere del Veneto. Il Racconto Sotto, l’intervista a Sonia pubblicata ieri dal Sopra, il padre e la madre della ragazza e, a destra, Sonia Khedhiri oggi, con indosso il niqab
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