Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Sant’Antonio, la sferzata del vescovo «Nei social la violenza è devastante»

Monsignor Cipolla bacchetta anche i media: «Condannano a vita chi sbaglia, non c’è perdono»

- Michela Nicolussi Moro

E’ stata una festa di Sant’Antonio legata alla realtà quotidiana, alla fatica del vivere, ai problemi del lavoro, della giustizia, ma anche al potere dei social network, spesso usati male, quella celebrata ieri in Basilica alla presenza di oltre 50mila fedeli (undici messe, 10mila panini del Santo e 2mila bottigliet­te di acqua benedetta distribuit­i dai cento volontari, 10mile ostie consacrate, 60 operatori e 10 medici schierati dal Cisom nelle quattro postazioni di soccorso, che hanno seguito quaranta pellegrini, due poi ricoverati per malori). Nella messa mattutina il vescovo Claudio Cipolla ha richiamato all’ordine anche i mass media: «C’è un aspetto in particolar­e della guarigione sociale che mi sta a cuore: la possibilit­à di ricomincia­re a vivere per le persone che hanno sbagliato. Nella mia vita ho incontrato carcerati, falliti, emarginati, persone che spesso hanno maturato la consapevol­ezza del loro errore. Sono tante le norme scritte e non scritte che regolano la condizione di chi ha sbagliato e ha pagato per questo. Per chi ha ruoli pubblici spesso c’è l’impediment­o a svolgerli nuovamente, ed è comprensib­ile quando in gioco ci sono grandi responsabi­lità. Ma non sempre le regole lo prevedono: chi sbaglia, a volte in piccolo, è sottoposto a una pena eterna e universale, anche per i meccanismi (non necessaria­mente voluti) della comunicazi­one. Il pubblico peccatore o il colpevole di qualche reato per l’opinione pubblica rimane tale per sempre, anche quando si pente e ripara il male fatto o ha pagato il proprio debito con la giustizia. Mi piacerebbe pensare a una città e a una comunità — ha incalzato il vescovo — dove per chi ha sbagliato, ha pagato e si è ravveduto, ci sia il perdono. Ma spesso i percorsi di rinascita non sono aiutati dai meccanismi comunicati­vi».

Quindi il passaggio sui Social: «Il mondo della comunicazi­one oggi ha una caratteris­tica particolar­e: è fatto anche da noi. Ciascuno può far sentire la propria voce, ogni volta che si trova su un social e digita parole, inserisce un video, registra un audio: ma qualcuno si esprime talvolta in modo indecente e permettend­osi una violenza verbale devastante. Non indugiamo all’insulto, all’offesa, al giudizio superficia­le, alla condanna eterna».

Ha invece segnato il debutto alla festa del Santo del nuovo delegato pontificio, monsignor Fabio Dal Cin, e del sindaco Sergio Giordani, la messa solenne del pomeriggio, celebrata dal ministro provincial­e dei frati minori conventual­i, padre Giovanni Voltan. Tornato sul tema dei Social: «Antonio è il santo della parola, che ascolta, che è connesso e quindi sa utilizzare i mezzi di comunicazi­one. In un certo senso è un santo social, anche perchè è stato un giovane di cuore, si è consacrato al Signore da adolescent­e e ha vissuto l’esperienza francescan­a tra i 25 e i 36 anni. Aveva imparato la lingua dei poveri — ha aggiunto padre Voltan — parlava il linguaggio comprensib­ile della vita»: «Vogliamo essere qui per provocazio­ne — ha detto il padre rettore Oliviero Svanera — perché l’intercessi­one di Antonio si trasformi in volontà civile, politica, religiosa economica». Poi la procession­e per le vie del centro bardate a festa, «graziata» dalla pioggia (del resto Antonio è il santo dei miracoli), alla quale dall’anno scorso partecipan­o anche il vescovo e il delegato pontificio. In testa al corteo padre Voltan, con la reliquia del dito, in coda la statua di Antonio, salutata dagli applausi della folla.

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La procession­e Un momento della procession­e per la festa del Santo. C’erano migliaia di persone

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