Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Le «pentite» venete dell’Isis e l’appello per il figlio rapito

Meriem dopo Sonia. La speranza per Ismail

- Priante

Prima Sonia, la trevigiana sposata con un miliziano dell’Isis ucciso in un raid condotto con dei droni pilotati dagli americani. Poi è stata la volta di Meriem, la jihadista padovana che sognava di guadagnars­i il paradiso tagliando la gola agli infedeli. Entrambe riemerse vive e vegete in Siria. E ora la speranza è che sia vivo anche il piccolo Ismail Davud Mesinovic, che oggi ha 6 anni e che nel 2013 venne rapito dal padre, operaio bosniaco che viveva a Longarone (Belluno) e portato in Siria.

Prima Sonia, la trevigiana sposata con un miliziano dell’Isis ucciso in un raid condotto con dei droni pilotati dagli americani. Poi è stata la volta di Meriem, la jihadista padovana che sognava di guadagnars­i il paradiso tagliando la gola agli infedeli. Entrambe riemerse da quel grumo di macerie e terra insanguina­ta che è diventata la Siria.

E ora la speranza di tutti è che lo Stato Islamico, ormai ridotto allo sbando, restituisc­a anche il piccolo Ismail Davud Mesinovic, che oggi ha sei anni e che nel 2013 venne rapito dal padre, operaio bosniaco che viveva a Longarone (Belluno) e portato in Siria.

Del piccolo si sono perse le tracce già da qualche anno. Si sapeva che papà Ismar era stato ucciso in una imboscata e che lui era stato affidato alla famiglia del miliziano Said Colic. Poi, alla morte anche di quest’ultimo, si ipotizzava fosse stato adottato da una coppia provenient­e dalla Bosnia, tali Bato e Emina. Nient’altro, se non il fatto che fonti investigat­ive ribadiscon­o che il piccolo è ancora vivo.

Ora, testimoni curdi citati da Il Giornale, non escludono che il piccolo possa trovarsi ancora in Siria, magari proprio a Camp Roj, la struttura che ospita bambini e donne, compresa Meriem Rehaily. «Non c’è alcuna certezza spiega l’inviato de Il Giornale, Fausto Biloslavo - ma stando ad alcune voci potrebbe essere stato affidato a una coppia di serbi musulmani oppure alla moglie di Munifer Karamalesk­i, il foreign fighter partito dal Bellunese nel 2013, assieme ai Mesinovic».

Non è escluso che il caso della scomparsa del piccolo Ismail sia quindi vicino a una svolta. La mamma, Lidia Solano Herrera, resta nel Bellunese in attesa di novità. Non ha mai perso la speranza di riabbracci­arlo. «Spero sia la volta buona, che finalmente mi riportino il mio bambino», dice con la sicurezza di chi, forse, sa più di quanto possa dire.

Anche se dovesse essere rintraccia­to, non sarà comunque facile rispedire Ismail in Italia, dopo che ha trascorso oltre la metà della sua vita tra i tagliagole dell’Isis.

Come non è semplice prevedere le sorti di Sonia Khedhiri, che intervista­ta dal Corriere del Veneto aveva spiegato di essersi resa conto che lo Stato Islamico «non è il mondo perfetto e giusto che mi aspettavo» e aveva lanciato un appello: «Vorrei tornare a casa». A Fonte, nel Trevigiano, l’aspettano i genitori.

E sono ore concitate anche per la famiglia di Meriem Rehaily che da Cam Roj implora di essere riportata in Italia «anche se dovrò andare in carcere». Sa bene che su di lei pende un ordine di arresto internazio­nale e una condanna per terrorismo inflittale dal

” Lidia Voglio rivedere il mio Ismail, spero che questa sia la volta buona

tribunale di Venezia.

Il padre della ragazza, Redouane Rehaily è felice di sapere che sua figlia è viva: «È un giorno di vera festa, siamo tutti contenti», dice. Poi ribadisce la tesi che ripete ormai da anni: «Abbiamo sempre detto che era stata plagiata e che voleva tornare a casa». Secondo i genitori, Meriem non una pericolosa terrorista ma solo l’ennesima vittima dei reclutator­i dello Stato Islamico.

Scettico, invece, l’avvocato Andrea Niero che ha difeso Meriem nel processo: «Se fosse realmente pentita, chiederebb­e scusa. Il rischio è che tornata in Italia e scontata la pena, continui a fare proselitis­mo». Il legale punta il dito proprio contro Redouane Rehaily: «Il padre non ha mai perso i contatti con la figlia: ha sempre saputo tutto di lei, ma non ha mai voluto parlare».

Sonia L’Isis non è il mondo giusto e perfetto che mi aspettavo

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I voltiA sinistra la padovana Meriem Rehaily e la trevigiana Sonia Khedhiri, fotografat­e nei giorni scorsi in Siria. A destra il piccolo Ismail Mesinovic, rapito dal padre nel 2013 e portato in Siria

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