Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Macché «veneto ubriacone»: in alcolici si spende meno che nel resto d’Italia
I veneti sono un popolo di VENEZIA persone morigerate. Spendono qualcosa in più per l’abbigliamento e per l’automobile ma in quanto a ricevute dei ristoranti, fra le regioni del Nord, per parsimonia siamo alle spalle soltanto della Valle d’Aosta. Soprattutto, per fumo e bevande alcoliche, siamo anche quelli che, nel contesto della capacità di spesa pro capite, in proporzione buttano meno soldi. Vale a dire solo l’1,3% della somma complessiva mensile, contro, ad esempio, l’1,7% della Lombardia, l’1,8% della Liguria fino al 2,5% della Calabria.
Lo dice l’Istat nel rapporto diffuso ieri sui comportamenti di spesa degli italiani e che analizza le quattordici principali categorie verso le quali si indirizzano i nostri flussi finanziari in uscita. Si tratta di dati recenti, riferiti al 2017, i quali non vanno così nel dettaglio per consentirci di comprendere se i veneti spendano più per la birra o per la grappa. Però sono sufficienti a spostare nell’area del dubbio, certe ricorrenti asserzioni relative alla presunta spiccata inclinazione all’alcol della nostra società. «Certo, il dato smentisce lo stereotipo che vuole i veneti avvinazzati a viziosi – rileva Luca Giavi, direttore generale del Consorzio di tutela del prosecco Doc – ed è un dato che ci piace sottolineare. Ma deve essere sempre tenuto presente che l’amore per il buon bere non passa attraverso la quantità e neppure si riflette con la portata della spesa. Si può bere meglio non necessariamente spendendo di più. I volumi, anche per il nostro osservatorio, calano ma nel frattempo cresce la propensione all’acquisto più evoluto».
Per venire ai dati generali, l’Istituto di statistica calcola in 2.753 euro la spesa media mensile della famiglia veneta, dato che può essere confrontato con le cinque regioni in cui il portafoglio si apre più di frequente – in testa Lombardia e Trento Alto Adige, con 3.050 euro, poi Toscana (2.863) Emilia Romagna (2.958) e Valle d’Aosta (2.850) – e giù a scendere, fino ai 1.800 euro delle famiglie calabresi. Quello che cambia in modo più evidente è tuttavia la ripartizione del budget. Per restare in Calabria, qui se ne va in cibo e bevande analcoliche quasi un euro ogni quattro mentre in Veneto la voce non va oltre il 15,7% (meno fanno solo trentini, lombardi, emiliani e laziali, con qualche piccolo scarto decimale).
È nei trasporti, invece, che i veneti primeggiano in assoluto. Quasi il 13% della spesa familiare se ne va infatti in carburanti, pedaggi e altre quote che possono riguardare tanto la manutenzione del veicolo personale quanto biglietti ed abbonamenti per servizi pubblici probabilmente non fra i più economici del Paese.
Un altro tratto che descrive, in ambito settentrionale, una peculiarità veneta lo si trova nel confronto fra la spesa per abbigliamento e calzature e quella per «Ricreazione, spettacoli e cultura». Il vestirsi da noi assorbe il 4,5% del budget mensile familiare, quota inferiore solo a Lombardia, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige. Ma gli eventi e le occasioni più o meno culturali sembra ci interessino piuttosto poco, dato che il nostro 4,9%, cioè poco più della spesa per l’abbigliamento, ci colloca fra le ultime regioni non solo del Nord ma dell’intera penisola (nel vicino Friuli Venezia Giulia, ad esempio, si arriva al 6%).
In Veneto si spende parecchio di più in servizi sanitari, vale a dire il 5,4% del budget mensile. Più di noi, al Nord, solo in Valle d’Aosta mentre al Sud ci superano solo Basilicata, Calabria e Sicilia, regioni nelle quali va però tenuto nel conto il livello modesto di servizio sanitario pubblico.