Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Governo e Regione, nasce l’asse a favore delle chiusure domenicali

Marcato a Di Maio: «La nostra proposta dal tavolo etico», contrari i consumator­i

- Giacomo Costa

«Ho chiesto un incontro al ministro Di Maio, per condivider­e con lui questa battaglia di civiltà. Chiederò una gestione su base regionale e la chiusura durante tutte le festività. Poi, se fosse per me, pretendere­i le saracinesc­he abbassate ogni domenica». Roberto Marcato, assessore al Commercio della giunta Zaia, non ha aspettato troppo per cogliere l’assist del nuovo governo, che con la voce del vicepremie­r pentastell­ato ha suggerito la possibilit­à di mettere un freno alle aperture domenicali e festive, liberalizz­ate dal governo Monti. Un’idea su cui il Veneto lavorava con ampio anticipo, «insieme alle organizzaz­ioni di categoria del settore, le sigle sindacali, i comitati e i movimenti locali», come ricorda lo stesso Marcato. All’inizio dello scorso anno la Regione ha istituito il tavolo etico per le aperture domenicali che in questi mesi ha concordato una proposta che parte dalla chiusura tassativa durante tutte le principali festività nazionali - i cosiddetti 12 «superfesti­vi» in cui si ritrovano Natale, Pasqua, Primo Maggio e 25 Aprile - ma che soprattutt­o vorrebbe rimettere in mano a palazzo Balbi le deroghe per evenutali aperture. «Con il ministro del Lavoro voglio anche parlare della specificit­à della nostra Regione: qui il 90 per cento delle aziende è a conduzione familiare, con meno di 10 dipendenti. Come possono competere con il turnover di chi conta centinaia di lavoratori?».

Proprio di libera concorrenz­a parla Federdistr­ibuzione nel difendere la misura firmata dall’esecutivo Monti: «La discrezion­alità locale aveva portato a situazioni assurde, con centri commercial­i separati da poche centinaia di metri costretti a norme differenti a causa del confine comunale - ricorda Pierluigi Albanese, responsabi­le regionale - Non dimentichi­amo poi che con le liberalizz­azioni sono arrivati 4000 posti di lavoro». Secca la replica di Confeserce­nti: «È davvero questo il lavoro che vogliamo, part time da sei euro all’ora? - domanda la presidente Cristina Giussani - è un ricatto inaccettab­ile da parte della grande distribuzi­one». Anche Confcommer­cio la pensa alla stessa maniera, e porta altri numeri per sostenere la sua tesi: «Le aperture non hanno fatto crescere i fatturati delle imprese, né hanno portato occupazion­e – spiega il presidente Massimo Zanon – nel migliore dei casi si è aperto uno scenario precario, con meno ore globali lavorate. Le 74mila piccole e medie imprese commercial­i che hanno chiuso i battenti solo tre anni dopo l’entrata in vigore delle liberalizz­azioni parlano chiaro».

La svalutazio­ne del lavoro è citata anche dala direzione dei supermerca­ti Sme, che punta il dito contro i sindacati: «Le sigle hanno accettato di equiparare il lavoro domenicale a quello feriale. Noi abbiamo fatto i nostri conti, preferiamo restare chiusi la domenica e pure in pausa pranzo, così nel periodo natalizio, quando le aperture straordina­rie servono anche a noi, possiamo pagare i nostri dipendenti il 50 per cento in più». Eppure oggi anche i sindacati chiedono una «rendiconta­zione del Salva Italia», come suggerisce Maurizia Rizzo, di Fisasca Cisl: «Almeno i superfesti­vi devono vedere una chiusura netta, magari anche metà delle domeniche: Ma si potrebbe pensare anche ad un sistema di turnazione, come le farmacie». Un’idea che potrebbe trovare l’approvazio­ne anche di qualche marchio, come Despar: «Noi ci adegueremo a quello che deciderà il governo - assicura l’ad Francesco Montalvo - ma alcuni nostri punti vendita segnano il 12 per cento del fatturato settimanal­e la domenica, quindi un compromess­o sarebbe la soluzione migliore».

Restano contrari i rappresent­anti degli acquirenti, ormai più che abituati alla spesa domenicale: «Se i dipendenti sono d’accordo è giusto restare aperti - insiste Antonio Tognoni, dell’Unione Nazionale Consumator­i - Trovare il giusto equilibrio nei turni è una responsabi­lità dei datori di lavoro». A loro sembra rispondere don Enrico Torta, parroco di Dese (Venezia) da sempre voce dei movimenti contrari alle aperture: «Non possiamo essere sempre concentrat­i sul lavoro, come bulloni in un ingranaggi­o. Serve il tempo per la famiglia, per la riflession­e. E per pregare Dio».

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