Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Quei giovani campioni di voti dietro al palco delle correnti «Si vince solo se si torna umili»
«La stizzita recriminazione», scriveva ieri Antonio Polito sul Corriere della Sera. Nè la disfatta al referendum del 4 dicembre, nè le politiche del 4 marzo hanno prodotto alcun ricambio di gruppi dirigenti nel Pd. Ma solo una «stizzita recriminazione». Eppure. Eppure a ben vedere, anche in Veneto, il Partito democratico avrebbe volti, storie ed esperienze da cui attingere, per considerare nuovi percorsi e nuovi risorse da intraprendere e valorizzare. Tracce, idee, semi. O forse anche solo istanze, che finora sono state tenute dietro al palco delle logiche di corrente. All’ombra dei capibastone. La vivacità maggiore proviene da una generazione di giovani, che è stata già capace di mettersi in gioco e di raccogliere consensi veri, in modo anche coraggioso. Una «popolazione» ancora ristretta, è vero, ma interessante e comunque geograficamente «diffusa». A Treviso, per esempio, c’è il 27enne Stefano Pelloni. Alle ultime amministrative — pur negative per il Pd, che come si sa è stato battuto dalla Lega — è stato capace di raccogliere 357 preferenze, risultando il consigliere più votato in assoluto nel partito. Laurea in Economia alla Bocconi, è già al secondo «giro» a Palazzo dei Trecento (dopo l’exploit di cinque anni fa, appena 21enne): «Dicono che ci votano solo i “fighetti”? — dice lui, che adesso farà il capogruppo — Ma ormai non è vero neanche più quello. Purtroppo siamo arroganti, pensiamo di sapere tutto. Invece, come dico io, dobbiamo tornare ai tombini. In questi cinque anni, per esempio, ho sempre tenuto un contatto diretto con associazioni, gruppi scout, parrocchie. Ti chiedono aiuti, anche semplici, e tu devi dare loro risposte. Perché il nostro dev’essere un servizio». Pelloni non è l’unica avanguardia. A Padova, un’altra giovanissima capace di centrare il bis in Consiglio, facendo il pieno di preferenze (ben 725) è stata Margherita Colonnello. («Quando sono stata eletta ho pianto, me la sono conquistata da sola»). Ventisei anni, laurea con lode in Filosofia, e un cursus honorum iniziato nella rete studentesca. «La parola chiave è organizzazione — afferma —. Nel partito dovrebbe tornare al centro la formazione politica. Ma non solo. Basterebbe smetterla di cazzeggiare per ore su Facebook e tornare in mezzo alla gente. Io ho una bellissima esperienza con il mio circolo, cui dedico ore ogni settimana. Di recente abbiamo fatto un’iniziativa di raccolta di libri: hanno risposto in decine, anche persone che non erano mai entrate in una sezione del Pd». Tra i più giovani, andrebbe poi citato il vicentino Giacomo Possamai, 27 anni, capace di sfiorare di un soffio la vittoria alle Primarie del centrosinistra per la candidatura a sindaco della città (duemila preferenze, solo 38 in meno del ben più «grande» Otello Dalla Rosa; che poi però ha perso al primo turno da Francesco Rucco). «La questione non è cambiare un logo o un nome — ci spiega —, è che da anni non diciamo più cose che interessano la gente. Stiamo discutendo ancora su chi debba comandare per i prossimi mesi, quando invece dovremmo chiederci che idea dare al Paese. E i temi veri ci sono: dalla questione demografica alle pensioni». E Possamai è uno di quelli che guarda con interesse al futuro: «L’orizzonte è Veneto 2020, le Regionali — confessa —. Io voglio continuare il lavoro di costruzione di tesi e proposte, con la rete civica che ho costruito e magari coinvolgendo anche altri giovani per una proposta radicalmente nuova». Vicenza, tra l’altro, è uno dei centri più «vivi» dal punto di vista della passione politica giovanile. Andrebbe sottolineato l’esempio di «Fornaci Rosse», il festival della sinistra organizzato da gruppo formato da ragazzi tutti molto attivi e impegnati. Ma non ci sono solo i consiglieri comunali. Nel Pd esiste anche una generazione di amministratori locali tosta e valida, che forse però non è stata mai presa ancora nella giusta considerazione. Probabilmente perché fuori dalle solite conventicole. Su tutti l’esempio è quello di Davide Gianella, avvocato 37enne, che è stato in grado da poco di riconfermarsi sindaco a Piove di Sacco, nel Padovano, respingendo l’assalto della Lega. «Le regole sono la credibilità della squadra — ci dice — e il ritorno alla strada. All’uno a uno. Ho girato le case, suonato i campanelli, spiegato. Solo se ti vede, la gente si fida. La politica non la puoi fare dal palazzo o con un tweet. Noi abbiamo messo al centro un’idea di città e attorno a quella abbiamo raccolto consensi, anche di chi il Pd non l’ha mai votato. Perché bisogna essere capaci di riconoscere i bisogni reali. Ma purtroppo non sempre nel partito questo viene visto: ci sono dei passaggi alle Regionali o alle Politiche, che vedi che non sfondi. Perché purtroppo spesso viene premiata l’obbedienza e non la capacità».
Risorse Prendono consensi non solo tra i coetanei. «Basta cazzeggi su Facebook»