Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Il Veneto e l’emorragia di cervelli: superiamo le solite fratture territoriali, il capitale umano chiede modelli nuovi
L’allarme lanciato da Banca d’Italia sull’emorragia di capitale umano dal Veneto è fondato e preoccupante. E ha aperto un dibattito tanto più opportuno, quanto più il sistema-regione sembra attraversato da nuove fratture. E’ una fotografia cui una Fondazione di origine bancaria come Cariverona non può non essere attenta, avendo nella sua missione la promozione di uno sviluppo organico del territorio.
Sono dunque più di cinquemila i giovani laureati che negli ultimi anni hanno lasciato il Veneto. L’ecosistema del Nordest è capace di generare capitale umano, con lunghi anni di investimenti da parte di giovani, famiglie, università; ma di quei talenti vanno poi a beneficiare altre imprese, altri atenei, altre reti territoriali, in Italia o fuori. Il fenomeno non è intrinsecamente negativo, se non per due ragioni: ad abbandonare sono prevalentemente i migliori e non esiste una contestuale migrazione di segno opposto. Sotto questa angolatura, per quanto ai veneti possa sembrare paradossale, la loro regione emerge come il verticequadrante meno forte nel nuovo triangolo industriale italiano: quello che con Lombardia ed Emilia Romagna produce il 40% del Pil nazionale. E’ una debolezza che ha diverse cause, ma se la fuga di cervelli ne è un sintomo, alla base vi è certamente la costante difficoltà di sistema produttivo e ricerca universitaria a operare in modo integrato. E ha poco senso attardarsi a puntare il dito su un sistema produttivo troppo cauto a investire piuttosto che su un sistema universitario ancora troppo autoreferenziale.
Negli ultimi giorni, un convegno sulla valorizzazione dei dottorati di ricerca, con la partecipazione di Ca’ Foscari, Iuav e Università di Padova e Trieste - ha peraltro segnalato una volontà rinnovata di riflettere in profondità sulla questione. Ad esempio: perché insistere sulla valorizzazione ad ogni costo dei dottorati di ricerca dopo averli distribuiti a pioggia, senza che a monte sia stata effettuata un’analisi della domanda di conoscenze e delle opportunità professionali? Università e imprese non possono rimanere mondi separati. E una premessa implicita è che atenei e sistema produttivo, anzitutto, funzionino a dovere nei rispetti subsistemi. Non sembra purtroppo la situazione del Veneto, lo stesso sistema regionale che s’interroga sulla fuga dei suoi cervelli.
E’ un Veneto che indulge in una storica tendenza alla frammentazione campanilistica e assiste anzi immobile all’approfondirsi di nuove fratture territoriali in più di un ambito rilevante (per inciso: perché al convegno veneziano era assente l’Università di Verona? Perché proprio ora leggiamo sui media di industriali del Veneto centroorientale per alcuni versi contrapposti a quelli del Veneto occidentale?) C’è invece una necessità urgente che tutti i grandi soggetti del Veneto - le istituzioni pubbliche e private, le aggregazioni della società economica e civile, gli snodi che intercettano ed elaborano le sollecitazioni dei territori disegnino coordinate e offrano stimoli utili a un percorso interamente rinnovato. In questo quadro Fondazione Cariverona avverte come un cogente richiamo di proporsi non solo con il ruolo di finanziatore, ma anche di catalizzatore di investimenti e di progetti innovativi importanti condivisi tra il mondo della ricerca universitaria e l’innovazione industriale, per sperimentare modelli nuovi: a partire da un comune interesse a valorizzare il capitale umano. E’ possibile, più concretamente, attivare circuiti innovativi di finanziamento di startup e altre iniziative di alto impatto collettivo, con un’attenzione specifica alla nuova imprenditorialità e ai volani occupazionali ad alto contenuto professionale.
Anni orsono, in accordo con l’allora rettore dell’Università di Padova, avevamo auspicato la costituzione di un Politecnico del Veneto, che per note ragioni non proprio di elevata qualità, non ha avuto seguito. Oggi ci ritroviamo a esprimere apprezzamento e attenzione all’impatto dell’esempio pionieristico offerto dal Politecnico di Milano e dal Politecnico di Torino in questa direzione. L’ultimo esempio viene da un Competence Center, dove imprese ed alta formazione agiscono in totale sinergia per creare i substrati sui quali la ricerca diviene innovazione e produzione di prodotti di successo, avendo il sostegno delle Fondazioni di origine bancaria e dell’intervento pubblico, in particolar modo nell’ambito della creazione delle necessarie infrastrutture.
Il nostro territorio non può permettersi di perdere simili opportunità, accettando ritardi irrecuperabili.