Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Cade da box di tre metri Caso Medicina legale, muore imprenditore al setaccio il rapporto Fiom: «Manca sicurezza» indagati-assicurazioni
Ieri era il primo giorno di lavoro nella ditta «Maus» di Campodarsego, che gli aveva appaltato alcuni lavori di smontaggio. Riccardo Gasparini Casari, 45enne di Castelfranco Emilia, alle 9.30 è caduto da un box alto tre metri mentre stava iniziando l’imballaggio di una macchina a sbavatura robotizzata da spedire negli Usa ed è morto sul colpo per le ferite alla testa riportate nell’urto con un altro macchinario. Inutili l’intervento dell’elisoccorso e le manovre di salvataggio praticate dai colleghi.
Il 45enne era titolare con la moglie della «Detto Fatto», piccola impresa di manutenzioni che in mattinata doveva iniziare lo smontaggio dei macchinari prodotti dalla «Maus». Nell’azienda sono giunti i carabinieri e i tecnici dello Spisal per i rilievi. Sembra che all’origine del dramma ci sia la mancanza dell’imbragatura di sicurezza. Gasparini, che viveva insieme a moglie e due figli, era insieme a due giovani dipendenti della sua azienda, le cui posizioni non erano ancora state regolarizzate, poiché proprio ieri dovevano iniziare la collaborazione.
«C’è sgomento per l’ennesima morte bianca — dice Loris Scarpa, segretario provinciale Fiom — ci domandiamo in che modo la Maus abbia esternalizzato il lavoro e se abbia eseguito tutti i controlli. Come mai i dipendenti non avevano le attrezzature necessarie a operare sui macchinari? Nel nostro Paese le imprese hanno come unico interesse il profitto e la contrazione dei costi. E’ necessario un cambiamento della normativa per tornare a dare prospettive alle persone». Non appena saputo dell’incidente i dipendenti della «Maus», che da tempo sta attraversando una crisi, hanno incrociato le braccia per 4 ore. Dice Aldo Marturano, presidente Cgil Padova: «Stiamo conducendo una battaglia serrata per rendere sicuri i posti di lavoro. Dopo mesi di incidenti mortali che hanno falcidiato il Veneto, è ora di avere risposte concrete dalla Regione».
La Procura si appresta a fare accertamenti sul decesso, avvenuto due giorni fa, di Angelo Pavanello Stocco, 74 anni, vittima nel dicembre scorso di un incidente nella ditta «Berti» di San Martino di Lupari, gestita dal cognato. Doveva sostituire il vetro di un portone, è salito sulla sega a nastro ma ha perso l’equilibrio, precipitando da un metro e mezzo d’altezza.
L’inchiesta sulle presunte analisi contraffatte per riottenere le patenti a Medicina legale potrebbe aprire un vaso di Pandora. Una delle due persone positive alla cocaina che hanno chiesto di modificare i risultati per riottenere la carta di guida è titolare di un’agenzia infortunistica che lavora con le assicurazioni e anche chi lavora a Medicina legale è a contatto ogni giorno con le compagnie assicurative. Entrambi i «beneficiati» del trattamento di favore erano inseriti nell’ambiente, ma sembra che il titolare dell’infortunistica avrebbe più entrature dell’altro, di mestiere l’albergatore, per arrivare a chiedere un piacere così delicato.
Sull’intricato caso, che vede indagato il professor Massimo Montisci, a capo dell’Unità operativa complessa di Medicina legale e Tossicologia, il chimico Emanuele Nalesso, la specializzanda Anna Giorgetti e altre tre persone (tra cui i due destinatari del favore), la Procura sta andando a fondo. L’indagine è per falso ideologico ma in faccende delicate come questa un favore dato corrisponde (quasi) sempre a un favore restituito. Allora diventa importante conoscere bene il delicato rapporto esistente tra gli indagati e le compagnie assicurative, per comprendere se la presunta illecita restituzione della patente al tizio dell’infortunistica non rientri in un più ampio sistema «do ut des». Chi non è addetto ai lavori non sa quanto denaro ruoti attorno alla decisione di un medico legale in merito, per esempio, al riconoscimento di un danno da malasanità, o una caduta accidentale dentro all’ospedale, o a un incidente medico. Ebbene quando un paziente ritiene di essere stato vittima di un errore medico o di una qualsiasi mancanza della struttura sanitaria durante un ricovero, si rivolge a un avvocato che, in collaborazione con l’assicurazione, valuta il danno del malato e propone una richiesta di risarcimento all’Azienda ospedaliera. Quest’ultima chiede a Medicina legale di valutare la richiesta e stabilire se ha ragione il malato o se ha ragione l’ospedale.
I risarcimenti vanno da 200 euro a due o tre milioni di euro, nei casi più gravi. Tutto avviene in sede civile, senza denunce. Un gran giro di denaro, dove i presunti favori (come quello della patente) concessi o richiesti dall’una o dall’altra parte rischierebbero di diventare un vero scandalo.