Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
SHOPPING NEL GIORNO DELL’IO
Difficile tornare indietro in primo luogo per noi utenti–clienti che ci siamo abituati non soltanto a fare la spesa di domenica –spesso unico giorno, assieme al sabato, nel quale si ha il tempo per provvedere agli approvvigionamenti di casa e cucina- ma anche a distrarci, a rilassarci lungo le vie dei negozi o dentro ai centri commerciali, pur senza nulla comprare, soltanto per guardare, scoprire novità e, magari, incontrare amici, conoscenti. Forse non è bello, forse è perfino un po’ triste che nei giorni di festa non si trovi di meglio che andare per vetrine, se non addirittura per shopping, ma questa è la nostra natura perennemente curiosa del nuovo e, soprattutto, questo è il nostro tempo per cui la domenica non è più, come in passato giorno di Dio bensì, piuttosto, giorno dell’io. Ed è difficile credere che le chiese si riempirebbero di nuovo se si dovesse tornare indietro imponendo la chiusura domenicale agli esercizi commerciali, secondo quanto è stato ventilato dal Governo, intenzionato, a quanto pare, a cancellare il decreto liberalizzante voluto da Mario Monti in funzione anticrisi. In secondo luogo, dopo i clienti (che evidentemente non hanno sempre ragione), a soffrire di una marcia indietro sarebbero gli stessi negozi per i quali la domenica è, dopo il sabato, il giorno più redditizio, e non è detto che il ricavato perduto nel giorno di festa si ridistribuirebbe lungo la settimana perché il tempo per lo shopping dopo l’orario di lavoro è in genere assai risicato, giusto sufficiente per un po’ di spesa alimentare.
Infine c’è la questione dei posti di lavoro che di sicuro non aumenterebbero se davvero si decidesse di tornare all’antico: più facile, anzi, che, nel caso, diminuiscano. A questo proposito, è ovvio che a giovarsi di un ritorno al passato sarebbero quanti lavorano nel settore, costretti a turni domenicali non sempre facoltativi come sarebbe auspicabile, né sempre ricompensati in modo adeguato. Specialmente per loro – ma anche per gli altri - che si imponga allora la chiusura di tutti i negozi in alcuni giorni nei quali davvero fa quasi male al cuore vederli aperti: 1 maggio, Natale, Pasqua, Ferragosto. Né è un caso che alla vigilia della passata festa del lavoro alcuni grandi supermercati abbiano annunciato con intere paginate di pubblicità che l’indomani avrebbero tenuto chiuso. Come dire: dopodomani venite da noi che abbiamo rispetto delle grandi ricorrenze.