Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Gli Spazialisti a Venezia, da Fontana a Guidi
Da Fontana a Guidi, una grande mostra alla Bevilacqua La Masa
Itracciati siderali di Vinicio Vianello, i microcosmi turbolenti di Tancredi, i cromatismi marcati e le forme plastiche in rilievo di Morandis, i giochi grafici di Licata, i grattages di Deluigi, le marine infinite e debordanti di Guidi. Tutta un’altra storia. È quella degli spazialisti veneziani, un gruppo di dodici artisti che per una quindicina d’anni proposero una sintesi di spazialità naturale e mentale, storica e ideale, che cercava di liberarsi da ogni legame con strutture rigide e vincolate. Ed è tutta un’altra storia rispetto a quella dell’ideatore del movimento spazialista, Lucio Fontana, pur rimanendo un punto di riferimento obbligato, col suo «Manifesto Blanco» del 1947 e la presenza alla Biennale del 1948. È la vicenda che intende raccontare Giovanni Granzotto, curatore della bella mostra «Spazialisti a Venezia», che coinvolge le due sedi espositive dell’Istituzione Fondazione Bevilacqua la Masa di Venezia, con un’appendice negli spazi di Forte Marghera. «Un percorso inedito e irripetibile – marca il presidente della Bevilacqua Bruno Bernardi – in quanto tutte le opere provengono da raccolte private o dagli archivi degli autori», con 150 lavori, creati tra la seconda metà degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’60. Fino al 16 settembre, nella Galleria di Piazza San Marco, sette opere di Fontana, e tra queste una Venezia, tagli, buchi e opere baroccheggianti, in dialogo coi lavori dei maestri dello Spazialismo veneziano che ne sottoscrissero i Manifesti, Guidi, Deluigi, Tancredi, Morandis, Bacci, De Toffoli – unico scultore - e Vianello (li vediamo subito nel corridoio che introduce alla rassegna), e le opere degli artisti che, alcuni per motivi anagrafici, non apposero la firma ai Manifesti ma ne condivisero le argomentazioni, come Finzi, Licata, Rampin, Gaspari e Gasparini. Intrigante la tesi del curatore: la correlazione Fontana-spazialisti veneziani? «Poca - risponde Granzotto - , il più fontaniano è Vianello. I veneti hanno proseguito un discorso luce-spazio che viene da lontano, iniziato con Giorgione, proseguito coi vedutisti, Ciardi… idee reinventate nel ‘900 con Guidi e la sua visione zenitale, e con Deluigi». Tele assai significative pure a Palazzetto Tito, con una maggiore attenzione per gli artisti più giovani (all’epoca naturalmente) e un focus riservato alle marine davvero «spaziali» di Guidi; a Forte Marghera ecco la grafica con opere coeve e quelle successivamente edite dalla stamperia Fallani.