Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
LA SOCIETÀ DEL RISCHIO (ESTREMO)
Rizzotto: «Mandi gli ispettori». C’è chi è stato bocciato dopo aver scritto sentenze
La tragica fine del giovane precipitato qualche giorno fa nel baratro, mentre stava attraversando un burrone camminando su una fune sospesa a 150 metri di altezza sulle montagne tra Veneto e Trentino, ci invita a riflettere su una tendenza sempre più diffusa. Negli ultimi anni, infatti, si moltiplicano episodi di cronaca dagli esiti spesso drammatici. Protagonisti di questi episodi sono perlopiù persone comuni e non atleti o esploratori professionisti, hanno scelto di misurarsi con situazioni e rischi estremi. Ne è un esempio la stessa recente vicenda dei giovani calciatori thailandesi intrappolati per giorni in una grotta, seguita in tutto il mondo con il fiato sospeso e con una domanda incombente: perché un allenatore di una squadra di calcio giovanile, invece di portare i propri ragazzi in campeggio o a fare una gita in bicicletta, decide di condurli in un’impresa che in quelle condizioni avrebbe scoraggiato perfino consumati speleologi? La risposta passa da importanti, e spesso sottovalutati, cambiamenti del nostro tempo. La diffusa sensazione di padroneggiare il proprio destino, di avere sempre tutto sotto controllo e di poter sempre «tornare indietro». L’onnipotenza della volontà individuale, vero feticcio del mondo contemporaneo, che si specchia nelle immagini postate sui social: tutto deve essere estremo perché tutto deve essere unico e memorabile, per distinguerci dagli altri in un’epoca in cui tutto, per tutti, sembra sempre a portata di mano a prescindere anche dall’esperienza e dalla competenza.
Praticanti falcidiati all’esame per l’abilitazione forense, la Lega scrive al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede invitandolo a mandare gli ispettori nella Commissione del distretto di Corte d’appello di Bologna (che per il gioco dei «controlli incrociati» ha corretto le prove scritte del distretto di Venezia) per verificare trasparenza e regolarità delle procedure di valutazione. Una richiesta già avanzata dal responsabile Giustizia di Rifondazione comunista Gianluca Schiavon ieri, quando il Corriere del Veneto ha sollevato il caso.
I dati relativi all’andamento della prima prova, d’altra parte, hanno sorpreso un po’ tutti, perché danno uno spaccato sconfortante del praticantato legale in Veneto (praticantato, è bene ricordarlo, «certificato» dagli ordini provinciali), specie se confrontati con i risultati conseguiti nelle altre Regioni. A Venezia si erano presentati in 1.162 e sono passati all’orale in 377, appena il 32,4%. Un dato lontanissimo dal 58,1% di Catanzaro, il 64,8% di Torino, il 70,8% a Firenze, ma anche dalla media nazionale, attestata al 45,1%. A prendere carta e penna e scrivere al ministro pentastellato è stata la capogruppo della Lista Zaia in Regione, Silvia Rizzotto: «Il risultato dei nostri praticanti veneti è quantomeno inconsueto, non solo se teniamo a mente l’indiscussa qualità del percorso accademico offerto dalle università venete dove la giurisprudenza si insegna, ma anche e soprattutto se confrontiamo il risultato dei nostri praticanti con l’esito dimostrato da altri distretti piuttosto che alla media italiana. In entrambi i casi, il risultato dei veneti che hanno superato la prova è molto lontano». A destare «evidenti perplessità», secondo Rizzotto, è in particolare il meccanismo di valutazione, che vede i test, dopo essere stati visionati dalla Commissione, restituiti al candidato senza correzioni. «Come si può, così facendo, desumere gli errori fatti e, da questi, il giudizio, ancorché negativo? chiede Rizzotto -. Credo sia necessario un approfondimento sull’intera vicenda, anche e soprattutto per una questione di trasparenza. Mi auguro che il ministro proceda ad una rapida verifica». Tra i leghisti veneti eletti in parlamento, peraltro, non mancano gli avvocati, dal ministro degli Affari regionali Erika Stefani alla deputata Ingrid Bisa ed il senatore Andrea Ostellari mentre Alberto Stefani, giovane deputato pure del Carroccio, sta svolgendo proprio la pratica legale, sicché nel partito la sensibilità sul tema non dovrebbe mancare.
Intanto al Corriere del Veneto continuano ad arrivare testimonianze di praticanti furiosi, che chiamano in causa non soltanto le commissioni di valutazione (con i ricorrenti sospetti tra Nord e Sud) ma anche gli ordini professionali, accusati addirittura di prestabilire provincia per provincia (e dunque regione per regione) il numero dei candidati da far passare, in proporzione al numero dei legali prossimi alla pensione, oltre che di non vigilare sulla correttezza del tirocinio che in molti casi non viene retribuito, con i praticanti impiegati in compiti di segreteria. Molti i racconti sorprendenti, come quello di una ragazza bocciata tre volte nonostante per due anni abbia lavorato in Tribunale proprio a Bologna, arrivando a scrivere le sentenze poi firmate dal suo giudice-dominus. «È triste vedere anni di studio e lavoro in balia della fortuna - scrive un altro -. O meglio, della sfortuna».