Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Doppio lavoro fuori dall’ospedale, licenziati tre infermieri
Esprimono «dispiacere» i vertici dell’ospedale religioso privato e parificato «San Camillo» di Treviso, per «la spiacevole vicenda» che ha coinvolto sei infermieri da anni in servizio nelle struttura delle Figlie di San Camillo di Roma. Tre di loro, due uomini e una donna stranieri tutti cinquantenni, sono stati licenziati mercoledì scorso perchè, fuori dall’orario di lavoro assicurano loro, esercitavano la professione in altri centri. E altri tre, due donne e un uomo italiani, sono invece stati sospesi per dieci giorni perchè timbravano il cartellino di una collega a sua volta impegnata a lavorare altrove. E che, una volta emersa la faccenda, si sarebbe dimessa.
«I provvedimenti disciplinari non sono stati adottati dal giorno alla notte — precisa un portavoce del San Camillo — sono frutto di mesi di controlli incrociati condotti dall’Ufficio del personale e dall’Ufficio legale del nostro ospedale. Noi siamo soggetti al contratto dell’Aris (l’Associazione religiosa Istituti sociosanitari, ndr), che concede al personale di esercitare attività al di fuori di quella istituzionale solo se autorizzata dalla direzione. E i tre infermieri licenziati non avevano ricevuto alcun nulla osta dalla direttrice, suor Bianca De Luca, che quindi non ha potuto fare altro che contestarne il comportamento».
I dipendenti in oggetto sono stati convocati, edotti del risultato dell’indagine interna e licenziati. Ora si starebbero organizzando per presentare ricorso al Tribunale del lavoro. Sono state mosse contestazioni anche ai tre che timbravano per un’altra collega, ma in questo caso i danni si sono limitati alla sospensione.
«Ci dispiace molto — aggiunge il portavoce del «San Camillo» — non era mai successa una circostanza del genere. Il nostro ospedale ha aperto a Treviso nel 1950, è dotato di 120 posti letti accreditati con la Regione ed è conosciuto. Voglio chiarire che i licenziamenti sono dovuti esclusivamente alla violazione del contratto e non hanno nulla a che vedere con un inesistente piano di ridimensionamento del personale nè di risparmi. Siamo dovuti intervenire per ripristinare una situazione di correttezza. Ed è la prima volta».