Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Una rassegna che celebra un territorio che fu protagonista
Turisti e appassionati possono ritrovare le situazioni emozionali di allora, come spiega l’assessore Colasio, restituendo alla provincia il giusto ruolo nella storia
Grande Guerra e luoghi simbolo del territorio: la rassegna offre una mappa delle emozioni a turisti ed appassionati per raccontare, in particolare, l’ultimo anno del conflitto. «Restituiamo, così, a Padova il giusto ruolo di capitale al fronte prima spiega l’assessore alla Cultura del Comune di Padova Andrea Colasio - e di città della pace poi, con la firma dell’armistizio».
Alla fine del 1917, Padova si trasforma nel cuore dello sforzo bellico, economico, amministrativo, politico italiano. E oggi, per ricordare e rivalutare quel ruolo vissuto dalla città, il Comune di Padova - con la collaborazione scientifica dell’Università e il sostegno economico della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo ha organizzato eventi, concerti, spettacoli teatrali, convegni e mostre.
«Dopo Caporetto Padova muta la sua natura – spiega l’assessore alla Cultura di Padova, Andrea Colasio -. Da città di retroguardia, a vocazione sanitaria, si trasforma in Capitale: vi si trasferirono il Re, il Comando Supremo, i comandi alleati francese e inglese, l’Ufficio Stampa, i vari comandi strategici. A Villa Imperiale di Galliera si insediò il comando della IV Armata del generale Giardino, che diresse le varie battaglie del Grappa».Ecco spiegato quindi il titolo del progetto, «Padova da capitale al fronte a città della pace».
In questa rassegna, per celebrare il territorio, ogni concerto o spettacolo è stato organizzato in un luogo specifico.Un programma con un grande risvolto turistico.
«Indubbiamente. Oggi il turista cerca situazioni inedite, emozionali: dormire nella stanza 110 dell’Albergo Trieste e Vittoria dove lavorava il Generale Diaz può essere un’esperienza unica, come visitare il “nido delle aquile”, il castello di San Pelagio, da dove D’Annunzio partì per il Volo su Vienna nell’agosto del 1918 ed entrare nelle sue stanze. Per non dire del Catajo dove, poche settimane prima di essere ucciso a Sarajevo, l’Arciduca Ferdinando d’Austria, che ne era il proprietario, dava la caccia ai daini».
Padova è stata forse la prima città a celebrare il culto della memoria. Come si può continuare su questa strada?
«La Grande Guerra è identificata da alcuni luoghi simbolici ben specifici: il Carso con le sue trincee, il Grappa, il Piave, la battaglia di Vittorio Veneto, oltre al “Bollettino della Vittoria” siglato da Diaz, formidabile elemento costitutivo del culto della Vittoria. Quei luoghi sono luoghi della memoria, senza riti e liturgie.
Il nostro intento però è diverso: raccontare l’ultimo anno del conflitto significa sì evocare il fiume e il monte “sacri alla patria”, ma anche restituire a Padova il giusto ruolo di “capi- tale al fronte”».
Perché Padova, abbiamo detto, diventa centrale.
«Dopo Caporetto tutto si decise a Padova: con il trasferimento, dapprima in città, poi a Monselice e ad Abano, del Re e del Comando supremo. Con il Comando francese che si insediò a Palazzo Papafava, mentre quello inglese si acquartierava a Palazzo Cavalli, a Padova, per poi trasferirsi a Teolo, nella Villa Brunetti-Bonori. A Padova il Re Vittorio Emanuele procedeva alla sostituzione di Cadorna con Diaz. Per non dire del comando del generale Giardino, artefice, con la sua IV Armata, delle battaglie d’arresto prima e di quella finale offensiva sul Grappa, insediatosi nella Villa Imperiale di Galliera Veneta. Piccole e grandi storie, di generali e di soldati: come la drammatica vicenda dell’artigliere Ruffini, fatto fucilare, durante la ritirata da Caporetto, senza validi motivi, dal generale Graziani a Noventa Padovana».
Che significa oggi percorrere i luoghi della Grande guerra?
«Dopo Caporetto, la guerra cambia natura: da offensiva, con le battaglie dell’Isonzo, a difensiva, con la resistenza sul Piave. Con il corredo drammatico dei comuni bombardati, occupati dalle truppe austroungariche, con la popolazione civile in fuga, travolta. Con le città venete che sperimentano per la prima volta la guerra dal cielo. Con Padova e il suo primato di civili morti sotto le bombe: ben 203. Ripercorrere questi luoghi significa fare un viaggio, nella storia e nel tempo, scoprendo episodi e località che sono un condensato di memoria e di bellezza».