Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Farmaci scaduti nel nuovo carcere Blitz dei Nas, sequestrata l’insulina
Denuncia di un detenuto che stava per iniettarsela. La Procura apre un fascicolo
Ci è mancato un soffio. La sera del 13 luglio, mentre si stava preparando la solita iniezione di insulina, un marocchino con cittadinanza italiana diabetico e recluso nel carcere nuovo per reati di droga, si è accorto che il medicinale a lui consegnato dalla Farmacia interna era scaduto. È riuscito a fermare il trattamento appena in tempo e ha subito segnalato la pericolosa «svista» alla polizia penitenziaria, che il giorno dopo, sabato, a sua volta ha allertato i carabinieri del Nas (dipendono direttamente dal ministero della Salute), chiedendone l’intervento.
E così martedì mattina gli uomini del Nucleo antisofisticazione e Sanità di Padova, competenti anche per Rovigo, si sono presentati nell’istituto di pena, per un’ispezione. E’ saltato fuori che nella Farmacia c’erano quattro intere confezioni di insulina scadute, tutte sequestrate e messe a disposizione della Procura, che ha aperto un fascicolo per ora senza indagati nè ipotesi di reato ma utile a mettere sotto sigilli i medicinali. «L’insulina scaduta non ha alcun effetto sulla salute del paziente diabetico che deve assumerla — spiega Domenico Crisarà, segretario regionale dei medici di famiglia per la Fimmg — ma il significato di ciò è doppio. Non fa male però è come se il malato non l’assumesse e di conseguenza può avere un picco glicemico e scompensarsi. Non è cosa da poco».
E infatti il detenuto ha raccontato tutto al suo avvocato e nel frattempo i Nas hanno scritto un rapporto alla Procura, segnalando l’esito dell’ispezione. Non sono stati trovati altri medicinali scaduti, però sono emerse negligenze nel protocollo di controllo e gestione della Farmacia della casa circondariale. Non c’è un responsabile che verifichi e allerti il medico sui prodotti in scadenza imminente, quindi va rivista la procedura di conservazione dei farmaci.
A tale scopo i carabinieri hanno parlato con il medico incaricato dall’Usl 5 Polesana per il carcere, la dottoressa Rosaria Romano, alla quale hanno chiesto quali siano i metodi di approvvigionamento e conservazione dei medicinali. E la frequenza del personale. Ora toccherà alla Procura stabilire come procedere e nel frattempo l’episodio è stato segnalato al provveditore alle carceri del Triveneto, Enrico Sbriglia. Che sottolinea: «Ci sono stati trasmessi gli atti dalla polizia penitenziaria per conoscenza ma anche perchè potrebbero esserci ulteriori iniziative da assumere sul piano amministrativo. Al momento stiamo attendendo una serie di chiarimenti che descrivano meglio le criticità legate alla presenza in carcere di detenuti afflitti da particolari problemi di salute. I fatti sono comunque già oggetto di analisi da parte dell’autorità giudiziaria, chiamata ad appurare se vi siano o meno responsabilità penali. Però — avverte Sbriglia — quando si affrontano queste tematiche bisogna sempre usare rigore, prudenza e pazienza, sennò si rischia di far danni, pur armati delle migliori intenzioni. Va anche detto che il servizio garantito nelle carceri dal Sistema sanitario regionale è anni luce avanti rispetto a molte altre realtà italiane».
Questa è l’ennesima tegola caduta sulla casa circondariale, inaugurata nel 2016, costata 29 milioni di euro e più volte finita al centro di poteste del personale per una serie di disservizi.