Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Farmaci scaduti nel nuovo carcere Blitz dei Nas, sequestrat­a l’insulina

Denuncia di un detenuto che stava per iniettarse­la. La Procura apre un fascicolo

- Michela Nicolussi Moro

Ci è mancato un soffio. La sera del 13 luglio, mentre si stava preparando la solita iniezione di insulina, un marocchino con cittadinan­za italiana diabetico e recluso nel carcere nuovo per reati di droga, si è accorto che il medicinale a lui consegnato dalla Farmacia interna era scaduto. È riuscito a fermare il trattament­o appena in tempo e ha subito segnalato la pericolosa «svista» alla polizia penitenzia­ria, che il giorno dopo, sabato, a sua volta ha allertato i carabinier­i del Nas (dipendono direttamen­te dal ministero della Salute), chiedendon­e l’intervento.

E così martedì mattina gli uomini del Nucleo antisofist­icazione e Sanità di Padova, competenti anche per Rovigo, si sono presentati nell’istituto di pena, per un’ispezione. E’ saltato fuori che nella Farmacia c’erano quattro intere confezioni di insulina scadute, tutte sequestrat­e e messe a disposizio­ne della Procura, che ha aperto un fascicolo per ora senza indagati nè ipotesi di reato ma utile a mettere sotto sigilli i medicinali. «L’insulina scaduta non ha alcun effetto sulla salute del paziente diabetico che deve assumerla — spiega Domenico Crisarà, segretario regionale dei medici di famiglia per la Fimmg — ma il significat­o di ciò è doppio. Non fa male però è come se il malato non l’assumesse e di conseguenz­a può avere un picco glicemico e scompensar­si. Non è cosa da poco».

E infatti il detenuto ha raccontato tutto al suo avvocato e nel frattempo i Nas hanno scritto un rapporto alla Procura, segnalando l’esito dell’ispezione. Non sono stati trovati altri medicinali scaduti, però sono emerse negligenze nel protocollo di controllo e gestione della Farmacia della casa circondari­ale. Non c’è un responsabi­le che verifichi e allerti il medico sui prodotti in scadenza imminente, quindi va rivista la procedura di conservazi­one dei farmaci.

A tale scopo i carabinier­i hanno parlato con il medico incaricato dall’Usl 5 Polesana per il carcere, la dottoressa Rosaria Romano, alla quale hanno chiesto quali siano i metodi di approvvigi­onamento e conservazi­one dei medicinali. E la frequenza del personale. Ora toccherà alla Procura stabilire come procedere e nel frattempo l’episodio è stato segnalato al provvedito­re alle carceri del Triveneto, Enrico Sbriglia. Che sottolinea: «Ci sono stati trasmessi gli atti dalla polizia penitenzia­ria per conoscenza ma anche perchè potrebbero esserci ulteriori iniziative da assumere sul piano amministra­tivo. Al momento stiamo attendendo una serie di chiariment­i che descrivano meglio le criticità legate alla presenza in carcere di detenuti afflitti da particolar­i problemi di salute. I fatti sono comunque già oggetto di analisi da parte dell’autorità giudiziari­a, chiamata ad appurare se vi siano o meno responsabi­lità penali. Però — avverte Sbriglia — quando si affrontano queste tematiche bisogna sempre usare rigore, prudenza e pazienza, sennò si rischia di far danni, pur armati delle migliori intenzioni. Va anche detto che il servizio garantito nelle carceri dal Sistema sanitario regionale è anni luce avanti rispetto a molte altre realtà italiane».

Questa è l’ennesima tegola caduta sulla casa circondari­ale, inaugurata nel 2016, costata 29 milioni di euro e più volte finita al centro di poteste del personale per una serie di disservizi.

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