Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Riduzione del ticket, pediatri dipendenti e budget per gli anziani in casa di riposo le tre mission del Piano sociosanitario
E’ all’insegna dell’autonomia il nuovo Piano sociosanitario 2019/2023 presentato ieri in commissione regionale Sanità dall’assessore di settore, Luca Coletto e dalla collega al Sociale, Manuela Lanzarin, coadiuvati dai tecnici coordinati dal direttore generale Domenico Mantoan. «Potrebbe essere un piano storico — ha dichiarato Coletto — caratterizzato dalla flessibilità con la quale recepirà le novità autonomiste in grado di incidere sulla valorizzazione delle risorse umane e sulla compartecipazione del cittadino alla spesa sanitaria». Ecco, partiamo da quest’ultimo punto, che tradotto significa doppio ticket: quello statale, di 36,15 euro, più i 10 euro sulla specialistica per ricetta. Fra tutti e due il Veneto deve raccogliere circa 200 milioni di euro l’anno, ma se riuscisse ad arrivare a tale importo con altre forme di entrate potrebbe eliminare il balzello dei 10 euro, che pesa sulle tasche dei veneti al punto da indurli a prenotare molte prestazioni nel privato puro, dove costano meno.
Ecco allora l’idea di inserire nel Piano sociosanitario, che è legge e dovrebbe essere approvato entro l’estate, il progetto di attirare dentro il Sistema sanitario regionale i fondi integrativi corrisposti da molte aziende ai dipendenti al posto dei benefit, per il pagamento delle cure. «Si tratta di centinaia di milioni di euro — ha spiegato Mantoan — che finanziano il consumismo sanitario, cioè visite o esami inappropriati, o terapie odontoiatriche. Se noi riuscissimo ad attirare questa massa di denaro enorme verso il pubblico o il privato accreditato, potremmo raggiungere i 200 milioni rendendo più equa la compartecipazione del cittadino alla spesa e quindi togliendo il ticket di 10 euro o quello di 25 euro imposto al Pronto soccorso ai codici bianchi».
Un secondo aiuto è indirizzato all’assistenza territoriale, sulla quale il Piano 2019/2023 si focalizza, a differenza del precedente, incentrato sulla rete ospedaliera e sulla riduzione delle Usl da 21 a 9 («Non si tagliano nè ospedali nè posti letto, scesi a 16mila, per un indice di 110 ricoveri per mille abitanti contro una media nazionale di 140», ha detto Coletto). La Regione ha attivato un tavolo per valutare la sostituzione con un budget assegnato da ogni Usl a determinate strutture le impegnative di cura con le quali ora viene finanziata parte della retta nelle case di riposo agli anziani non autosufficienti, con una quota variabile tra 49 e 56 euro al giorno. Oggi i soldi a disposizione bastano per 23mila anziani, ulteriori richiedenti devono aspettare o pagarsi tutto da soli. Ma assegnando il budget e riducendo la scelta a meno centri e vicini a casa dell’anziano, con i quali poter contrattare un prezzo di favore, si risparmierebbero le risorse per finanziare un extra budget, utile ad accontentare un maggior numero di anziani.
E a proposito di rispondere meglio alle esigenze di tutti, la popolazione è stata suddivisa in sei fasce, dai sani ai terminali, con l’obbiettivo di affidare gli acuti all’ospedale (dove ora approda il 72% dei cronici) e cronici, pazienti fragili e terminali ai 26 Distretti esistenti o ai medici di famiglia. In quest’ottica 250mila malati con più patologie saranno tolti, con relativa quota capitaria, ai medici di base, e affidata a team multispecialisti composti da internisti, geriatri, cardiologi, infermieri ed esperti di cure palliative. L’aumento dell’aspettativa di vita e il raddoppio in cinquant’anni degli over 65, che rappresentano il 22% dei veneti, impongono infatti una rimodulazione dell’assistenza, attenta anche al deperimento cognitivo, che si sta diffondendo al punto da prevedere centri di sollievo e supporto alle famiglie, corsi ed elenchi regionali per badanti e sportelli per aiutare a selezionarle.
Novità anche sul fronte del personale. I medici di famiglia lavoreranno in tre forme (associati, convenzionati o accreditati e dipendenti), mentre per i pediatri di libera scelta l’intenzione è di renderli dipendenti della Regione. Quanto all’ospedale, se resta invariato il limite di spesa imposto dallo Stato nel 2004 meno uno 0,4%, che il Veneto sta sforando di 25 milioni di euro (spende 2,5 miliardi l’anno), Palazzo Balbi sarebbe costretto a esternalizzare tutti i servizi, compreso quello degli operatori sociosanitari (Oss). Resterebbero dipendenti del Sistema sociosanitario solo medici e infermieri.
E il Sociale? «Attenzione a minori, anziani, famiglia, disabili, soggetti deboli a rischio marginalità e non autosufficienti, anche potenziando l’assistenza domiciliare — ha illustrato Lanzarin —. Interventi a lungo periodo sono previsti pure a contrasto delle dipendenze da alcol,droga, fumo e gioco d’azzardo». «Sarà rivista l’assistenza psichiatrica, con Pronto soccorso dedicati, comunità e residenze assistite — ha detto Fabrizio Boron, presidente della commissione Sanità —. Focus inoltre su donna e bambino e sulle malattie rare».