Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Bollo sulle auto «catorcio» La Regione porti la gabella al tavolo per l’autonomia
Questo giornale ha dato notizia del «pasticcio del bollo sulle auto catorcio», ennesima stangata fiscale che sta per colpire ingiustamente 15 mila veneti. Come responsabile del terzo registro nazionale, ho il dovere di precisare che molti dei veicoli di cui si è illegittimamente prevista la tassazione - oltre a quelli coloritamente definiti «catorci» - sono, in realtà, beni «di interesse storico e collezionistico», che la Repubblica ha l’obbligo di tutelare ai sensi dell’articolo 9 della Costituzione. I loro proprietari, pertanto, hanno diritto di essere tutelati: se questo non avviene e, anzi, si istituiscono tasse a loro carico proprio per colpirne il possesso (benché si tratti di beni che un’altra legge li obbliga a conservare e valorizzare nell’interesse pubblico) vuol dire che c’è qualcosa di irragionevole nel sistema fiscale. L’introduzione dell’ennesima gabella ai danni dei veneti comporta il depauperamento del nostro patrimonio culturale: sarà la Corte dei conti a verificare le eventuali responsabilità per il danno erariale che inevitabilmente consegue a scelte così assurde. Tassazione contraria al diritto comunitario in quanto opera come una misura equivalente ad un dazio interno: difatti la questione è già stata sollevata in commissione tributaria da alcuni proprietari. Ora come intende muoversi la Regione nei processi che l’attendono? Difenderà una pretesa tributaria abnorme solo perché porta soldi al suo bilancio, nonostante l’avesse prima strenuamente combattuta in Corte costituzionale o, più coerentemente, si assocerà ai ricorrenti per ottenere dal giudice tributario il riconoscimento che i veicoli di interesse storico e collezionistico non possono essere tassati, men che mai in modo scandalosamente differenziato tra regioni confinanti? In attesa di notizie al riguardo, non mi pare elegante che un ente pubblico faccia il signore con i soldi di altri: la somma, infatti, di 600 mila euro che sembrerebbe destinata dalla Regione ai club - immagino i soliti noti - dovrebbe invece, a mio avviso, essere restituita ai singoli contribuenti tartassati nel caso in cui il giudice accertasse che nessun tributo fosse dovuto. Al tempo stesso la Regione potrebbe riconoscere a tutti i proprietari di questa categoria di veicoli una riduzione del 10% del bollo - come già in Toscana, Piemonte, Umbria e Lazio - facendo così un uso ragionevole della poca autonomia che la legge fiscale già oggi le riconosce. Questa materia potrebbe essere messa sul tavolo nella trattativa per il riconoscimento dell’autonomia. Se non venisse riconosciuto alla Regione neanche il diritto di esentare dal pagamento di una tassa i cui proventi le sono assegnati, veicoli ai quali una legge dello Stato riconosce valore storico, in che cosa d’altro potrebbe consistere l’invocata autonomia tributaria?
Una precisazione anche rispetto all’affermazione secondo la quale la Regione Veneto avrebbe mantenuto i benefici fiscali se non avesse legiferato. Cosa secondo me non vera. La legge regionale che introduceva l’esenzione fiscale per questi veicoli era, infatti, successiva a quella statale che l’aveva tolta: proprio per questo motivo è stata dichiarata incostituzionale. Se la Regione non avesse legiferato, la situazione sarebbe stata allora ed ora la medesima: i cittadini sarebbero stati condannati a pagare la tassa di proprietà anziché il bollo ridotto, quindi valeva la pena tentare di promulgare una legge regionale ben scritta, difendendola dopo il ricorso statale alla Corte. E in questo caso la Regione si è comportata virtuosamente: ricordo che con la legge del 27 aprile 2015 la Regione aveva riconosciuto il Rivs, per la ventennale attività svolta sul territorio. Oggi i proprietari dei veicoli storici hanno bisogno di nuove iniziative regionali, se non addirittura statali, idonee a risolvere davvero il «pasticcio» senza riproporlo in altre vesti, e a ridare loro la giustizia fiscale cui hanno diritto.
*Presidente Rivs