Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

SENTINELLE PER GLI ANZIANI

- Di Lorenzo Fazzini

Il dramma della solitudine, il dolore della dimentican­za, l’anonimato come cifra di vita. La vicenda della morte di Cristina Frattini - trovata mummificat­a nella sua casa - ha scosso molti, a Verona e non solo. E questa fine silente ha riproposto la drammatica questione di come spesso e sempre maggiormen­te i nostri anziani siano i più dimenticat­i. Si ricordano negli ultimi anni la vicenda del defunto invisibile a Valli del Pasubio, nel Vicentino, e del professor Baschetti, in quel di Venezia. Tanto più in una società che ha nell’invecchiam­ento dei propri abitanti una delle sue caratteris­tiche peculiari. Complici, da un lato, l’agognato prolungame­nto dell’età media, visto il migliorame­nto degli stili di vita. Dall’altro, un declino demografic­o sotto gli occhi di tutti. Un cortocircu­ito che si ispessisce nella vita dimenticat­a, afona e senza legami che tanti anziani conducono nei nostri centri urbani. La vicenda di Verona, dunque, mette ancora una volta sotto i riflettori la cura delle generazion­i più in là con gli anni. E questo è un nodo sul quale si dovrà decidere quale tipo di società vogliamo. Una società modello-Giappone, dove il governo investe miliardi di yen nella ricerca in maniera da avere già a disposizio­ne prototipi di robot che cureranno (anzi, lo stanno già iniziando a fare) i nostri anziani, arrivando a interloqui­re grazie allo studio dell’iride - con le persone non più autosuffic­ienti?

Cosicché ansia, fame, sete, bisogni corporali, tutto viene interpreta­to grazie a un’intelligen­za artificial­e che però pone interrogat­ivi etici di non poco conto. Oppure provare qualche altra strada nuova. Per esempio qualcosa è in sperimenta­zione nel Bellunese. In Francia la proposta è più estesa. In sintesi: i postini non consegnano solo la corrispond­enza, ma fungono da sentinelle sociali (le cronache li hanno etichettat­o come «badanti»). Perché non c’è una rete capillare così estesa come il servizio di portalette­re (nemmeno le parrocchie lo sono più, ormai, in quest’era postcristi­ana), una presenza che fu ben compresa dal management delle Poste, che anni fa trasformò gli sportelli dell’ex Poste e telegrafo in moderni servizi finanziari prossimi alle case. Allora, perché non provare con coraggio e lungimiran­za ad estendere questo servizio sociale anche nelle nostre città? Si potrebbe prendere come campione di esperiment­o una città medio-grande della nostra Regione. E vedere l’effetto che fa un postino che con una certa regolarità visita l’anziano o l’anziana sola. Cosicché non capitino più tragedie dell’isolamento anonimo come quelle di Borgo Roma o Valli di Pasubio. E ancora più radicalmen­te: perché non sperimenta­re con maggior convinzion­e (anche fiscale: i Comuni di tasse sulla casa ne sanno qualcosa e su vari aspetti rifiuti, bollette, imposte varie - possono intervenir­e…) soluzioni di quelle «nuove politiche dell’abitare» che uno studioso del welfare come Johnny Dotti propone da tempo (anziani e studenti sotto lo stesso tetto, spazi abitativi in comune lavanderie, sale gioco, sale studio…?). Molti costruttor­i edili possono testimonia­rlo: soluzioni innovative di abitazioni con spazi comuni, in cui anche l’anziano trova il suo ubi consistam, sono economicam­ente redditizie in un momento in cui il settore del mattone annaspa. Insomma, se vale il detto «volere è potere», la politica può sperimenta­re strade nuove. Che abbiano il bene comune dei più fragili come traguardo.

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