Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

NORDEST, LA ROTTURA DEL PATTO

- Di Alessandro Zuin

Italia, luglio 2018: nell’eclissi totale che ha oscurato gli sconfitti politici delle elezioni di marzo – Pd e Forza Italia – l’unica voce di opposizion­e al governo gialloverd­e è quella di Confindust­ria, quanto meno nelle sue articolazi­oni territoria­li. C’è del paradosso in tutto questo: in condizioni «normali», per sua stessa natura l’associazio­ne degli industrial­i rappresent­a generalmen­te quanto di più filogovern­ativo si possa incontrare nel variegato panorama delle organizzaz­ioni di rappresent­anza. Ma queste, evidenteme­nte, non sono condizioni «normali», se un presidente come Massimo Finco (Assindustr­ia Venetocent­ro), schietto e diretto come pochi altri, arriva ad arringare così i colleghi imprendito­ri: «Di Maio che ne sa? Non ha mai lavorato. Ma è alla Lega del nostro territorio che ci rivolgiamo: di fronte al giro di vite sul mercato del lavoro, non può continuare a fare finta di niente o a protestare sottovoce in cambio di un barcone di immigrati fermato».

Si era mai visto, nel paludato mondo confindust­riale, un esponente di prima fila tirare uno schiaffo del genere ai potenti di turno? Non è un caso, sia chiaro, che questa controffen­siva parta proprio dal Veneto, dove anche gli imprendito­ri organizzat­i esprimono da tempo un’anima più movimentis­ta e a volte contestata­ria rispetto ai colleghi di altre aree del Paese, al punto da arrivare – è il caso della manifestaz­ione voluta dall’allora Unindustri­a Treviso – a marciare compatti in strada contro l’oppression­e fiscale e burocratic­a del sistema.

Demolendo il pacchetto di provvedime­nti contenuti nel cosiddetto Decreto Dignità, Il grillo parlante Finco – dove grillo potrebbe essere scritto anche con la G maiuscola, visto l’argomento di cui si tratta – ha squarciato il velo su un paio di questioni per nulla secondarie. La prima e più evidente: se queste sono le politiche del lavoro approntate dal governo, rischia fortemente di andare in frantumi il patto sociale tra la Lega e un pezzo rilevante del suo storico elettorato nordestino. Perché a nessuno sfugge il fatto che, di quei seicento imprendito­ri radunati martedì da Assindustr­ia Venetocent­ro tra Padova e Treviso per analizzare il Decreto Dignità, una netta maggioranz­a ha simpatie politiche (e vota) per il centrodest­ra. Cioè per la Lega, a maggior ragione in una terra come il Veneto dove l’altra componente principale della coalizione, Forza Italia, è stata abbondante­mente ridotta a socio di minoranza. La seconda questione rimanda alle conclusion­i (amare) cui era arrivato proprio un esponente di spicco dell’imprendito­ria nordestina, quel Massimo Colomban, già fondatore di Permasteel­isa, che ha avuto modo di conoscere dall’interno il Movimento 5 Stelle, avendo prima collaborat­o con Gianrobert­o Casaleggio e poi fatto parte per un anno dell’amministra­zione comunale di Roma a guida Raggi: se parliamo di imprese – era stata la constatazi­one di Colomban – gli amici pentastell­ati fanno una grande fatica a comprender­e le ragioni della comunità dei produttori, poiché vengono da un altro mondo. Dei marziani, avrebbe detto uno come Finco: «Di Maio che ne sa? Nessuno l’ha mai assunto».

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