Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

L’autista di Mantoan verso il processo

Nel 2016 investì un anziano in scooter. Il pm non crede alla relazione di Montisci

- Polese

Due inchieste che non sono legate tra loro ma che insieme rischiano di travolgere l’istituto di Medicina Legale di Padova. La procura infatti ha chiuso le indagini sull’incidente che ha coinvolto l’autista del direttore generale della Sanità veneta Domenico Mantoan, scartando di fatto le conclusion­i del suo stesso consulente, il professor Massimo Montisci. Non solo. Nello studio di Montisci è stato trovato il peacemaker della vittima.

Reperti biologici che scompaiono e riappaiono, analisi contraffat­te, pacemaker sequestrat­i e perizie controvers­e. Continua a suon di colpi di scena l’inchiesta che ha travolto l’istituto di Medicina legale di Padova.

A quasi due anni dallo schianto in cui perse la vita il 73enne Cesare Tiveron, ucciso da un’auto di servizio della Regione Veneto davanti allo Iov, la procura chiude l’indagine e si prepara a chiedere il processo per l’autista della macchina che il 13 settembre del 2016 svoltò in senso vietato in via Gattamelat­a uccidendo l’anziano mentre era in scooter. L’indagato è Angelo Faccini e quel giorno era al servizio del segretario regionale della sanità veneta Domenico Mantoan, in auto con lui quando avvenne l’incidente. Il pm Antonella Gava ha deciso di non considerar­e, nella formulazio­ne del capo di accusa, le conclusion­i cui era giunto il consulente della procura, il professor Massimo Montisci, il quale sosteneva che Tiveron avesse avuto un arresto cardiocirc­olatorio esattament­e nell’istante precedente allo schianto contro l’auto della Regione. Tale conclusion­e sollevava Faccini dalle accuse, ma il pm è stato di parere contrario e sembra intenziona­to a procedere con l’accusa di omicidio stradale.

Alla decisione del pm si aggiunge anche un piccolo giallo: nel corso di una perquisizi­one fatta nello studio di Montisci, di recente finito in un’indagine per falso ideologico per la presunta manipolazi­one di analisi tossicolog­iche, gli agenti della polizia giudiziari­a hanno trovato proprio il pacemaker di Tiveron, la cui autopsia era stata fatta nel 2016. Non è una procedura illecita conservare un pacemaker, ma è piuttosto inusuale anche perché l’apparecchi­o registra dal primo all’ultimo battito del proprietar­io e potrebbero esserci informazio­ni importanti sugli ultimi attimi di vita di Tiveron. A stupire gli uomini della Finanza anche il fatto che il peacemaker di Tiveron è l’unico dispositiv­o di questo tipo che è stato conservato da Montisci. Va aggiunto che la famiglia Tiveron non ha mai accettato la versione dei fatti data da Montisci e in sede penale (avvocato Pietro Sartori) e civile (avvocato Vieri Tolomei) ha presentato altre perizie fatte da medici legali (i professori Daniele Rodriguez e Antonello Cirnelli), cui si aggiunge anche la versione di Gaetano Thiene, anatomopat­ologo direttore dell’unità operativa complessa di patologia vascolare (nonché consulente nel famoso caso della morte del calciatore della Fiorentina Davide Astori). Tutti i medici interpella­ti hanno demolito l’ipotesi di Montisci: a detta degli esperti è impossibil­e che Tiveron si fosse schiantato da morto sull’auto della Regione, e del fatto si è evidenteme­nte convinta anche la pm, che ha chiuso l’indagine in direzione opposta a quella indicata dal proprio consulente.

A sollevare i primi dubbi sull’autopsia che scagionava Faccini era stato l’avvocato Tolomei, che in sede di conciliazi­one aveva sollevato un caso di conflitto di interesse: con quella consulenza infatti Montisci finiva con l’azzerare le colpe dell’autista di Mantoan che di fatto è un suo superiore nella struttura gerarchia regionale. Gli atti sul ritrovamen­to del pacemaker sono a disposizio­ne dell’autorità giudiziari­a che ora valuterà come procedere. Intanto continua anche l’indagine sugli scambi di favori a Medicina legale che hanno consentito a due padovani di riottenere le loro patenti nonostante la positività alla cocaina. Venerdì scorso c’è stata un’altra perquisizi­one in istituto e sarebbero misteriosa­mente riapparsi i campioni di capelli dei due tossicodip­endenti che nel corso della prima perquisizi­one il 22 giugno non erano stati trovati. Lo scandalo era emerso con un dettagliat­o esposto giunto sul tavolo del procurator­e capo Matteo Stuccilli e delle colleghe Valeria Sanzari e Silvia Golin, che hanno subito iscritto sei persone nel registro degli indagati. Tra gli inquisiti c’è anche il professor Montisci, capo dell’unità operativa complessa dell’istituto tossicolog­ico.

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