Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
La Grande Guerra e quel volo su Vienna che venne scambiato per un gesto di pace
Domani la commemorazione a San Pelagio per i cento anni dell’impresa di D’annunzio
Alba del 9 agosto 1918: PADOVA dal campo di volo di San Pelagio, a Due Carrare, si alzano in volo undici piccoli aerei della squadriglia Serenissima. Direzione, Vienna. Solo in sette arriveranno a destinazione, quattro ore dopo. Gli altri sono stati costretti a tornare indietro, bloccati da un temporale sulle Alpi. Già così, però, quella missione assumerà i contorni dell’epica.
Perché dei grandi canti aveva tutte le caratteristiche: unicità, eroismo, un pizzico di follia. E soprattutto una personalità esuberante alla guida, anche se lui stesso era solo un passeggero in un biposto: quella di Gabriele D’annunzio, poeta, soldato, viveur.
Una volta sorvolati i cieli della capitale austriaca, i sette velivoli lasciano cadere sui viennesi spaventati migliaia di volantini inneggianti alla resa. «Viennesi – si leggeva -! Noi voliamo su Vienna, potremmo lanciare bombe a tonnellate. Non vi lanciamo che un saluto a tre colori: i tre colori della libertà. Noi italiani non facciamo la guerra ai bambini, ai vecchi, alle donne. Noi facciamo la guerra al vostro governo nemico delle libertà nazionali. Ormai, lo vedete, tutto il mondo s’è volto contro di voi. Volete continuare la guerra? Continuatela, è il vostro suicidio. Che sperate? Popolo di Vienna, pensa ai tuoi casi. Svegliati! Viva la libertà! Viva l’italia! Viva l’intesa! Frasi che, negli anni successivi, saranno lette come il segno della generosità degli italiani, ma che hanno stravolto del tutto quelle che erano le vere intenzioni di D’annunzio. Il Vate, da fiero interventista, era intenzionato a sganciare non inviti alla pace, ma bombe ed esplosivi.
Una volontà stroncata però dal Comando supremo dell’esercito italiano: i generali hanno sì ceduto alle pressioni di D’annunzio che da tempo chiedeva il permesso di prendere il volo, ma hanno ridimensionato i suoi fini battaglieri, consapevoli che la fine della guerra era ormai vicina. Una decisione, comunque, che non ha sminuito il trionfo con cui i piloti e D’annunzio vennero riaccolti, una volta tornati a San Pelagio, il campo di volo vicino al castello abitato dalla famiglia Zaborra, diventato la pista di partenza e atterraggio dei bombardieri italiani dopo la disfatta di Caporetto dell’ottobre del 1917. Un giro di boa che ha non solo provocato la rimozione del generale Cadorna dal vertice del Comando supremo delle forze armate, sostituito con Armando Diaz, ma anche il trasferimento della sede del comando stesso a Padova, così come quello del re Vittorio Emanuele III a Monselice.
Oggi di quel «folle volo», a San Pelagio, restano molte tracce. Il castello dove D’annunzio concepì l’impresa ospita il Museo del Volo: un museo recentemente ristrutturato all’insegna della multimedialità, con i tanti segni del passaggio del Vate, dai titoli delle opere letterarie che danno i nomi ai giardini, agli appartamenti in cui il poeta fu ospitato. E oggi e domani, per ricordare l’anniversario della spedizione, il castello di San Pelagio ospiterà una serie di eventi a tema, inseriti nel contesto delle celebrazioni del centenario dell’ultimo anno della Grande Guerra organizzate dal Comune di Padova con il sostegno economico della Fondazione Cariparo e la collaborazione scientifica del Bo. Stasera il castello farà da sfondo allo spettacolo dell’ester Viviani Ensemble «Se non partissi anch’io: voci e memorie per la Grande Guerra», in cui racconti dei soldati confinati nelle trincee saranno alternati alla musica. Domani, invece, dalle 20,30 saranno allestite degustazioni enogastronomiche in tema dannunziano. Teatrortaet invece curerà gli intermezzi teatrali con le voci narranti di Alessandra Broccadello e Carlo Bertinelli che reciteranno testi dannunziani tra cui Il Notturno. Ad accompagnare i diversi momenti della serata, infine, sarà il violoncello di Massimo Raccanelli Zaborra.