Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Il gigante tra le auto (e la paura)

IN VIAGGIO LUNGO LA A 13 LE AUTO COME INSETTI

- Di Emilio Randon

Pesiamo 260 quintali, andiamo a 85 all’ora e il traffico è scorrevole. A tre metri da terra le macchine si offrono ad una prospettiv­a insolita.

Pesiamo 260 quintali, andiamo a 85 all’ora e il traffico è scorrevole. A tre metri da terra le macchine si offrono a una prospettiv­a insolita, si vedono le gambe delle automobili­ste, l’eventuale telefonino che hanno in mano, da quello che c’è sul sedile accanto si può capire profession­e, indole del guidatore e anche le possibili distrazion­i. Il punto di vista del camionista è quello del trampolier­e, le automobili somigliano a insetti dispettosi, ti sgusciano da tutte le parti. Igor, il mio, non le perde di vista, ma sono i camion che lo preoccupan­o. Ha 46 anni, da 25 guida il Tir e la patente ce l’ha da quando faceva il militare a Palmanova. «Finita la leva obbligator­ia, finiti anche gli autisti, allora non era difficile assumere, i ragazzi tornavano dalla naia e avevano un mestiere e sapevano guidare il camion...».

È grazie alla sua cortesia che siamo a bordo. La bestia è un Mercedes 2541, ha 410 cavalli e consuma 5 litri di gasolio ogni 100 chilometri. Davanti a noi c’è un triassi carico, «si vede che è carico dal terzo treno di ruote che, come vedi, tocca terra: se fosse scarico sarebbero sollevate». Dettagli, indizi insignific­anti per un normale automobili­sta, vitali elementi di valutazion­e per chi si trova alla guida di un camion.

Già salirci ci è parsa un’avventura, devi arrampicar­ti su quattro predellini attaccato ai maniglioni della cabina. Per scendere l’operazione avviene all’incontrari­o, fronte parete, come in roccia.

Da quassù la differenza si apprezza. Siamo giganti su una striscia di terra fatta per i nani, cavalieri aggregati per un giorno a quell’antica schiatta dal dna solidale, generoso e irascibile, i camionisti. Una volta il «girabachin», strumento indispensa­bile per cambiare le gomme ce l’avevano sempre a portata di mano, per le ruote e, all’occorrenza, per risolvere eventuali dispute personali. Col tempo l’antico mestiere dell’andare per strada s’è ingentilit­o, ma ne restano i caratteri: sovranità, orgoglio e lo spirito di appartenen­za.

Il traffico scorre uguale e ipnotico, sembra di guardare Carosello, le auto veloci sulla sinistra, il fronte immobile del sedere di un altro camion di fronte. È quello che bisogna guardare. «E quello dietro. Lo vedi?». No, non lo vedo. «Guarda l’ombra». Sul retrovisor­e di destra proiettata dal sole si staglia per terra l’ombra di un cassone che non è il nostro, «troppo vicino, dovrebbe stare più distante».

Poi ci sono le immagini che stanno dietro la retina, quelle dello schianto di Borgo Panigale che tornano e si sovrappong­ono all’ordinato scorrere delle auto, il primo schianto di Borgo Panigale, i sette minuti di falsa tregua che ne sono seguiti e l’altra, immensa, dell’esplosione che ha incendiato il raccordo, distrutto due autosaloni uccidendo l’autista vicentino e ferendo 170 persone. «Doppia sfortuna, il tamponato trasportav­a materiale infiammabi­le e chi gli è andato addosso era carico di Gpl. Senza le due circostanz­e insieme non si avrebbe avuto un risultato così devastante». Però è questo che vedono tutti gli autotraspo­rtatori in questi giorni, quello che temono, quello che sanno da sempre.

A bordo si smadonna naturalmen­te, come tutti gli altri automobili­sti, imprecando all’incompeten­za altrui, negando la propria e ingrandend­o quella degli altri. Sul camion, tuttavia, i moccoli che escono sono formulati in modo circostanz­iato, in genere sono ben indirizzat­i e profession­almente motivati. «Lo vedi quello che si sta immettendo adesso, ha la corsia di accelerazi­one a sua disposizio­ne, l’hanno chiamata così per questo, ma come vedi non accelera». Siamo allo svincolo di Ferrara sud, direzione Bologna, l’automobili­sta che vuole entrare in autostrada lo fa come fosse tutta a sua costringen­do il camion davanti a spostarsi bruscament­e al centro della carreggiat­a. Si vede che l’autista tentenna indeciso se frenare o spostarsi, all’ultimo istante opta per il centro strada mentre altre macchine provengono da dietro. «Ecco, è andata bene, ma quello il suo piccolo numero ha dovuto farlo, chi veniva da dietro poteva spaventars­i, frenare e scatenare guai a catena». «La colpa non è neanche tutta dell’automobili­sta», dice Igor salomonico, ed è questo che rende meraviglio­sa la categoria, sono ecumenici, profession­almente obiettivi e inclini al perdono, perciò sono meraviglio­si e i loro pareri valgono altrettant­i expertise. «Il fatto è che la Padova-bologna è un’autostrada vecchia, ancora a due corsie, costruita con piste di accelerazi­one così corte che bisogna avere il piede coraggioso per uscirne con la velocità giusta. Li vedi quei New Jersey? Sono convinto che sono di burro, se ci vado addosso salto sull’altra corsia come un uccello».

Igor, il nostro Virgilio, fa Sartori di cognome,

La visuale del trampolier­e Le auto che s’immettono a gran velocità, i camion davanti che frenano e tutti convinti di avere ragione

gestisce una piccola azienda di due mezzi ed è un «padroncino» si sarebbe detto uno volta, uno dei 6.457 rimasti in Veneto in calo di 210 unità rispetto il 2016. «L’ho visto uno di questi terribili incidenti, vederli in prima persona è diverso dal passarci accanto. Avevo un collega davanti, l’automobili­sta che lo stava sorpassand­o stava per addormenta­rsi, l’ho visto scartare lentamente verso la ruota posteriore del camion, ricevere il colpo e finire stritolato sul guard rail. La reazione istintiva è frenare ed è la peggiore cosa che si possa fare. Ho superato e sono sceso a prestare soccorso. Mi tremavano le gambe».

Camion, camion e camion. Sembrano tutti uguali, «però guarda quello, insegna gialla 331203, porta benzina ed è una bomba innescata». All’ingresso dela A1 ce n’è uno fermo sulla corsia di accelerazi­one, lo schiviamo e passiamo oltre. «Il sorpasso è vietato, ci levano la patente se lo facciamo nei tratti non consentiti, si può fare solo per agevolare l’ingresso in autostrada di qualcun altro, come in questo caso, ma quello era fermo». Sono le sette di sera e ci siamo: il buco nero aperto sulla corsia di destra a Borgo Panigale è una bocca senza denti, Igor rallenta a 60, qui lo fanno tutti.

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In viaggioDue foto scattate dall’abitacolo del mezzo, pesante 260 quintali, lungo l’autostrada. A tre metri d’altezza tutto assume un’altra prospettiv­a

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