Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

L’ultima consegna di Vincenzo, travolto dal crollo di Genova

- Di Renato Piva

«Si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Lì non c’è andato per volontà sua...». La ragazza che parla appena oltre la soglia di casa ha tratti e colori del Sud. La voce con cui Laura racconta un padre che non c‘è più è, invece, quella di una vicentina di Agrigento. Lei, siciliana di Vicenza come il papà, Vincenzo Licata, morto a Genova martedì. Licata è una delle trentotto vittime del crollo di ponte Morandi, l’unica veneta. Il momento sbagliato: le 11.36 di martedì 14 agosto. Il posto sbagliato: l’autostrada A10. Il ponte sbagliato: fatto male, mal tenuto o tutt’e due. «Era partito lunedì per fare il solito viaggio per la ditta per cui lavoriamo – ricorda Laura -. Aveva caricato a Cuneo e doveva scaricare al porto di

Livorno. Doveva tornare a sera; voleva approfitta­re delle feste per stare un po’ con mia madre. Era l’ultima consegna...». Guidare il camion, per Vincenzo Licata, era un sogno realizzato. Il sogno di un giovane siciliano di Grotte, che nel 1988 vince il concorso e viene assunto alle Poste. Allora era «salito» a Vicenza, per diventare addetto allo smistament­o della corrispond­enza a Vicenza Ferrovia, l’ufficio accanto alla stazione, oggi chiuso, dove arrivava e ripartiva la corrispond­enza per e dalla città. «Un gran lavoratore, davvero dedito al suo – dice un amico e collega -. Non era solo smistare posta, ma qualcosa di più». Dev’essere così, se è vero che, dopo una parentesi a cavallo dei ‘90 alle Poste centrali di Vicenza, Licata fa ritorno in Ferrovia: «Gli piaceva quello, evidenteme­nte». Quattro anni dopo Laura («Ho trent’anni e quando sono nata mi hanno portato qui»), dal matrimonio con Filomena Mulè era arrivato Stefano. Papà Vincenzo fa il postino ma dà anche una mano ai genitori, titolari in Sicilia di una ditta di movimento terra: sotto la pelle di una vita tranquilla, del posto garantito, il sogno di Licata continua a pulsare. Il momento arriva una decina d’anni fa: Vincenzo si licenzia e fonda Sa.fi. Group. É una coop di trasporti, di cui è socio lavoratore: la stessa per cui lavora la figlia. La cosa funziona: il lavoro non manca, il camion gira l’italia che si sbatte per uscire dalla crisi del 2007 e gira l’ex postino, anche quando non lavora. «Era spensierat­o, viaggiava sempre - riprende la figlia -e amava la musica. Era sempre tra le bande di Vicenza e di Verona. La musica era la sua passione, che ho pure io e ha la nostra famiglia. Ora sarà lassù, con la musica di Verdi». Clarinetto e basso tuba: il Licata musicista aveva fatto parte della banda del gruppo alpini di Caldiero, Verona, e della vicentina di Dueville «Note in allegria». Nella Fanfara dei bersaglier­i durante la leva, in alcune occasioni aveva suonato anche in quella storica della sezione «Monte Pasubio» degli alpini di Vicenza. «Era un buon musicista - dice Velentino Rigadello, uno dei componenti della banda -. Suonava più strumenti e in un paio di occasioni ci ha fatto anche da maestro. Ha suonato con noi alcune volte anche la figlia». Laura, pallida sulla porta di casa: «Martedì abbiamo provato a chiamarlo ma non rispondeva. Qualcosa avevamo capito dalle immagini in tivù. Sapevamo che la tratta era quella, speravamo fosse vivo...». La mattina dopo, mercoledì, la questura porta la notizia che uccide la speranza. Telefonate istituzion­ali nessuna, per ora: «Sabato (domani, ndr) saremo tutti a Genova al funerale di Stato, per onorare il ricordo di nostro padre. Poi lo porteremo nella sua Sicilia». Domani Agrigento sarà città a lutto. Vicenza, invece, avrà «una messa, per i tanti amici» di un veneto di Sicilia: «La faremo quando torneremo e vi avviseremo».

” La figlia Speravamo fosse vivo Ora ascolterà Verdi da lassù

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