Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Caso Sorapiss, Corona: «Daspo della montagna per cacciare i cafoni»
Lo scrittore: foglio di via ai turisti incivili
«Serve un “Daspo della montagna”, per cacciare i turisti cafoni che rovinano le nostre Dolomiti». È la proposta dello scrittore Mauro Corona dopo le polemiche sui rifiuti lasciati sul lago di Sorapiss.
Mauro Corona/1 Negli ultimi anni la montagna si è riempita di persone pervase da una maleducazione ereditata in famiglia Sono ignoranti
Mauro Corona/2 Il numero chiuso per il lago di Sorapiss? Forse arginerebbe l’afflusso ma bastano dieci maleducati per guastare la magia di questi posti
«Ci sono tornato pochi giorni fa, al Sorapiss. Per una scalata sul Dito di Dio…».
E che impressione ha avuto?
«Che è una vergogna. Il lago è invaso da scalmanati: ragazzini che si tuffano neanche si trovino in un parco acquatico, gente che fa il bagno sui materassini gonfiabili e che lascia ogni genere di rifiuti sulle rive o sui sentieri. E poi il chiasso… non so neanche come definirlo tutto quel chiasso…».
Parli di Mauro Corona e viene subito in mente la sua Erto, i boschi e la tragedia del Vajont che tanto spesso da fa capolino dai suoi libri. Ma in pochi sanno che tra lo scrittore e il Sorapiss c’è un legame speciale e di vecchia data. «Gli ho dedicato anche uno dei miei racconti: “Una lacrima color turchese”, ambientata nel giorno di Natale», ricorda. Anche per questo la polemica sui cafoni che invadono il laghetto delle Dolomiti, lo fa arrabbiare così tanto. Perché da quando il Sorapiss è diventato una tappa obbligata per chi trascorre le vacanze a Cortina d’ampezzo – «Basta guardare i social: oggi va di moda», ammette Sabrina Pais, che gestisce il vicino rifugio «Vandelli» – sulle rive si accumulano rifiuti di ogni genere, lasciati dalle orde di turisti che ogni giorno imboccano il sentiero che da Passo Tre Croci porta fino al lago.
Lei si lamenta del chiasso. Ma forse è l’ultimo dei problemi…
«E invece no. Questo è un luogo sacro, che andrebbe vissuto in silenzio, ascoltando quel che la Natura ha da insegnarci. Non siamo sulle spiagge di Rimini! Purtroppo negli ultimi anni la montagna si è riempita di persone pervase da una maleducazione ereditata in famiglia. Sono ignoranti. L’altro giorno sentivo una donna sostenere con convinzione che il colore turchese dell’acqua del Sorapiss era innaturale, che ci buttano dentro degli additivi chimici per renderla così. Follie. Nessuno ha spiegato loro il rispetto che merita questo luogo».
Nei giorni di punta, arrivano fino a tremila visitatori. Troppi, per un laghetto di montagna. Per questo c’è chi arriva a proporre il numero chiuso…
«Potrebbe essere un modo per arginare l’afflusso di massa dei turisti: una volta raggiunto il limite non passa più nessuno. In fondo, chi resta escluso potrebbe sempre ritentare il giorno successivo».
Quindi è favorevole? «Dico solo che è un’idea che non va scartata a priori, ma ho qualche dubbio che mettere dei tornelli lungo il sentiero risolverebbe definitivamente il problema. In fondo, bastano anche dieci persone maleducate per guastare la magia di questi posti...».
E allora, quale potrebbe essere la soluzione?
«Serve un “Daspo per la montagna”: chi viene sorpreso a imbrattare o ad assumere atteggiamenti incivili, si vedrà comminare una multa salata ma anche un “foglio di via” dall’intera zona».
In pratica, propone di vietare l’ingresso ai cafoni?
«Occorre impedire a chi si comporta male di rimettere piede sulle nostre vette. E il modo più efficace è il Daspo, come si fa allo stadio, con tanto di foto “segnaletiche” affisse nei luoghi in cui non sono più i benvenuti. Perché se uno dimostra di non amare questi posti, di non rispettarli, allora va allontanato. Il nostro dovere è proteggere la Natura, e se il pericolo sono questi cafoni, allora mandiamoli via e colpiamoli nel portafogli».
Sessanta tonnellate di rifiuti speciali parzialmente bruciati, un cumolo accatastato in un capannone in attesa del trattamento e dello smistamento. La ditta coinvolta è la Transeco, controllata di Amia e di Agsm, dove per la terza volta in sette anni è scoppiato un incendio. Questa volta, i vigili del fuoco sono riusciti a evitare il peggio. L’allarme è arrivato attorno alle 9,30 e quando la squadra è arrivata sul posto ha trovato la struttura (aperta, cioè senza una parete, su di un lato) ancora integra e i rifiuti non del tutto bruciati. Nel giro di mezzora il rogo è stato completamente domato. È seguita un’ispezione dell’arpav: i tecnici hanno portato a termine delle rilevazioni con strumentazione da campo che si sono concluse senza registrare valori anomali. L’agenzia regionale non ha ritenuto opportuno, proprio a causa dei valori molto bassi di inquinanti, effettuare ulteriori campionamenti dell’aria nella zona circostante.
La maggior parte dei rifiuti coinvolti, circa quaranta tonnellate risulta essere scarti di ditte meccanica, al conto si aggiungono 4,5 tonnellate di rifiuti ingombranti e 24 di imballaggi misti. Sempre secondo la relazione dei tecnici Arpav, il quantitativo di rifiuti presente nell’impianto era inferiore al limite posto dal certificato di prevenzione incendi e non superava quello imposto dall’autorizzazione all’esercizio. Sembrerebbe tutto a posto, quindi, sul versante della prevenzione. Resta il fatto, però, che già in altre due occasioni, la Transeco era stata interessata da incendi. Quello del 2011, secondo la perizia finale dei vigili del fuoco, era avvenuto per «autocombustione», dunque era stato escluso il dolo. Aveva fatto molta più paura, invece, l’episodio del 2015, quando le fiamme avevano coinvolto uno stock di bolle di carta destinato al macero, complessivamente migliaia di tonnellate. Anche in quella circostanza, non è stato provata l’azione dolosa. Ma nel 2015, a pochi mesi di distanza, seguirono altri roghi del genere, sempre in ditte di trattamento di rifiuti e ci fu chi ipotizzò potesse esserci la mano della criminalità organizzata.
Ieri è stato l’assessore regionale all’ambiente, Gianpaolo Bottacin, ad avanzare sospetti: «Quello degli incendi negli impianti di trattamento dei rifiuti è un fenomeno che ci preoccupa particolarmente e non vogliamo lasciare nulla al caso. Per questo abbiamo appena approvato un delibera, in accordo con Anci, vigili del fuoco, Arpav e carabinieri, per definire le linee guida da seguire in caso di incendi di questo tipo. Prevediamo di rendere obbligatoria anche la videosorveglianza. Serve la massima trasparenza in un ambito che potrebbe attirare l’interesse anche della malavita organizzata».