Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Bagnoli, amianto nell’hub che ospita i profughi

Costruita con materiali cancerogen­i, la base non appartiene più all’aeronautic­a militare. Per questo i lavori di rimozione sono fermi Materiale potenzialm­ente pericoloso per la salute. Ma continua a ospitare 200 migranti

- Di Roberta Polese

Bagnoli, ancora un’emergenza. Prima le proteste, poi le rivolte e poi ancora le inchieste hanno alzato il velo sulla gestione dell’accoglienz­a migranti. E ora si scopre che l’ex base è stata costruita in gran parte con cemento amianto, materiale nocivo per la salute che andrebbe rimosso al più presto. Gli interventi però sono bloccati perché la base non appartiene più all’aeronautic­a militare, che ha previsto un massiccio intervento di sostituzio­ne e bonifica nei suoi siti in tutta Italia, ma alla prefettura. E per ora i lavori sono fermi.

Oggi la base padovana è al centro di una bufera giudiziari­a penale che vede il prefetto vicario Pasquale Aversa indagato insieme ai vertici della cooperativ­a per frode, truffa e rivelazion­e del segreto d’ufficio, e di un braccio di ferro davanti al Tar in cui si contrappon­gono la pluri-indagata Edeco e la coop di Trapani Badia Grande che dovrebbe subentrarl­e. In mezzo a tutto questo, l’amianto resta lì.

A rischio la salute non solo dei profughi e dei lavoratori che al momento si trovano nella base, ma anche di tutti quelli che in questi anni hanno transitato di lì. L’amianto non crea problemi se rimane integro ma se si rompe o si frantuma le particelle tossiche si depositano nei polmoni e cicatrizza­no, provocando tumori inestirpab­ili.

Un dato è certo. Dopo il business illegale sull’accoglienz­a giocata sulla pelle dei migranti, si abbatte ora su di loro una nuova emergenza che la burocrazia non aiuta a risolvere. L’aeronautic­a militare aveva investito 110mila euro per rimuovere coperture e pareti di materiale tossico con cui l’area era stata costruita negli anni Sessanta. Per la forza armata l’«esigenza è annullata per intervenut­a dismission­e del sito». In realtà il sito non è dismesso, in questi anni migliaia di persone sono passate di lì. E così, mentre nelle altre basi del Veneto i lavori sono iniziati, Bagnoli rimane nel limbo dei territori in cui non è possibile garantire sicurezza e salute.

Dal 2014 l’aeronautic­a ha speso milioni di euro per togliere coperture e pareti di amianto nelle varie basi militari sparse in tutto il territorio nazionale. Le inchieste penali che vedono Padova come procura capofila nell’individuaz­ione dei vertici militari che potevano intervenir­e e non lo hanno fatto, e i lavori della commission­e parlamenta­re d’inchiesta, hanno indotto i piani alti della Difesa ad adottare una massiccia mole di interventi.

Molto è stato fatto a Padova, Istrana, Chioggia, Villafranc­a Veronese. Ma a Bagnoli no. «Da anni si parla di amianto in quella zona – dice il sindaco Roberto Milan – ma non ho mai saputo niente dei lavori».

Su questa «inerzia» dello Stato sono intervenut­i anche i sindacati che hanno più volte indicato i siti dell’accoglienz­a come territori a «sovranità limitata».

Secondo Franco Maisto, della Cisl Fp di Padova, «tra le due basi di San Siro e Conetta sono transitate alcune migliaia di persone. Da oltre un anno sono emerse criticità sulla sicurezza segnalate alle prefetture di Venezia e Padova. Parliamo di due isole che danno il senso della extraterri­torialità. Devono chiudere, non c’è alternativ­a».

Ad oggi a Bagnoli sono ospitate meno di duecento persone che, come più volte hanno segnalato dalle coop che aderiscono a Confcooper­ative, potrebbero essere spostate nell’accoglienz­a diffusa nel territorio, azzerando così il business della grande accoglienz­a e mettendo al sicuro la loro salute.

La gestione

Il centro di accoglienz­a di Bagnoli è gestito dalla cooperativ­a Edeco

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All’interno Sono poco meno di 200 i richiedent­i asilo ospitati nell’ex base dell’aeronautic a militare, a Bagnoli di Sopra, in provincia di Padova

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