Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Autostrade, Anas critica sulla manutenzione
L’amministratore delegato nel Trevigiano attacca i gestori
«È sorprendente che l’ultima manutenzione sul viadotto di Genova risalga a trent’anni fa, quando c’era l’iri e le autostrade erano al 100% pubbliche». L’ad dell’anas, Gianni Vittorio Armani, ieri nel Trevigiano, critica la gestione di Autostrade sulla manutenzione delle infrastrutture dopo il crollo in Liguria. E aggiunge: «Se il governo decidesse di ri-nazionalizzare la rete, ci troverebbe pronti».
«Se il governo decidesse di ri-nazionalizzare la rete autostradale, e ci chiedesse di farcene carico, ci troverebbe pronti. Nessun problema».
Avreste la forza per riprendere in mano qui e ora la rete di Autostrade per l’italia?
Gianni Vittorio Armani, amministratore delegato di Anas, sorride: «Gestiamo 27 mila chilometri di strade ed entro la fine del 2018 le Regioni ce ne daranno altri 3.600. Sulla nostra rete ci sono 13 mila tra ponti e viadotti, per una lunghezza complessiva di mille chilometri, si immagini un unico grande ponte che va dalle Alpi alla Calabria. E gestiamo già della autostrade, anche all’estero: 1.700 chilometri di cui 1.300 gratuiti mentre dei restanti 400 chilometri 200 sono in Russia e 200 in Italia, e cioè il Passante di Mestre e la Torino-bardonecchia. Ecco, se in un contesto simile non avessimo la capacità di occuparci della rete di Aspi, che è dieci volte più piccola della nostra, allora sì che mi preoccuperei. Anzi, pensandoci meglio, forse su un punto siamo meno abili...». Quale?
«Farci pagare».
Lei è favorevole alla nazionalizzazione? «Non sta a me dirlo, Anas è uno strumento dello Stato e fa ciò che le dice lo Stato. Nel caso specifico c’è un contratto in essere con un concessionario, ci sono contestazioni per inadempimento, siamo in una fase in cui Anas non centra nulla».
Però voi siete presenti al 50% con la Regione in Cav, la società che gestisce il Passante portata più volte ad esempio di efficienza dal governatore Luca Zaia, che vorrebbe farne il nucleo della Holding del Nordest. E molti analisti guardano a Cav come ad un modello da esportare anche lontano dal Veneto.
«In Cav stiamo lavorando molto bene, si tratta di una società con importanti risultati economici e di grande ritorno per il territorio, visto che tutti gli utili sono reinvestiti qui. Mi pare un esempio virtuoso di come il pubblico può gestire un’autostrada a pedaggio».
Che idea si è fatto del crollo del Ponte Morandi a Genova?
«Non saprei dire le ragioni di un collasso così repentino, è inspiegabile. Certo è sorprendente che l’ultima manutenzione sul viadotto risalga a trent’anni fa, quando c’era l’iri e le autostrade erano al 100% pubbliche».
Di chi è la colpa di ciò che è accaduto? «Sarà la magistratura ad accertare le responsabilità ma una cosa è certa: Autostrade non versa nella situazione dei Comuni e delle Province, non le mancano né i soldi né i tecnici, ha sempre potuto assumere tutte le competenze che le servivano, senza blocchi come invece accade nel pubblico, anche rivolgendosi all’esterno se necessario, affidando consulenze. La litania che leggo sui giornali sulla mancanza di risorse per le opere e le manutenzioni francamente non regge, non la capisco. Venti milioni di manutenzione quando si hanno due miliardi di margine non sono nulla».
Ora tutti i concessionari sono nel mirino, anche Anas.
«Quando accadono fatti del genere la perdita di fiducia su un gestore provoca un effetto fallout su tutti i gestori. Dal 14 agosto è iniziata una massiccia campagna di monitoraggio in tutta Italia ed Anas, che solo quest’anno, indipendentemente da Genova, ha già fatto 26.500 verifiche, è in prima linea per aiutare tanti enti locali che non dispongono del know-how per procedere da soli».
Le nuove tecnologie possono aiutare? «Anche lo smartphone di chi transita su una infrastruttura può fornire al responsabile della manutenzione indicazioni su eventuali vibrazioni o spostamenti anomali. Ci stiamo lavorando con le aziende delle IT».
Anas sarà coinvolta nella ricostruzione del Ponte Morandi?
«Stiamo ricostruendo 14 mila chilometri di strade danneggiate dal terremoto tra Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo. Potremmo quindi affrontare questo compito se ci venisse chiesto dal governo ma no, al momento non siamo stati coinvolti».
Il progetto di Renzo Piano le piace?
«Al di là dell’effetto immaginifico delle luci che ricordano le vittime, dal punto di vista strutturistico non mi pare particolarmente innovativo. Lo conosco poco ma da quel che ho potuto vedere mi pare un ponte normale».
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Il ponte di Renzo Piano non mi sembra nulla di speciale