Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Minacce, aggressioni e un ultimatum: «Torna o ti ammazzo»
SEPARATI ZORAN E TANJA Dalla cella alla riabilitazione fallita, i segnali c’erano tutti
«Devo tornare con lei, mi sento perso» ripeteva come un nastro rotto. Per lui il fallimento del matrimonio, l’impossibilità di ricucire lo strappo con l’ex moglie, era un’ossessione.
Zoran Lukijanovic, nato in Serbia 41 anni fa ma con cittadinanza italiana, faceva l’autotrasportatore. Aveva sposato Tanja Dugalic in municipio a Orgiano, nel 2005. «Una coppia solare», racconta chi aveva assistito alle nozze. La loro bambina era nata nel gennaio del 2012 e quel giorno lui era tornato in Comune, stavolta per offrire pasticcini e Prosecco a tutti i dipendenti. «Mai visto un uomo così felice», ricordano.
Poi, però, la coppia era entrata in crisi. Lui, che ultimamente lavorava per una ditta di trasporti di San Bonifacio (Verona), era sempre in giro per l’europa con il camion. Lei, a casa da sola. Quando Zoran tornava a Orgiano, i litigi si facevano sempre più frequenti, e già dal 2015 i servizi sociali avevano iniziato a interessarsi alla famiglia Lukijanovic. Il camionista non riusciva a rassegnarsi. «Senza di lei non poteva stare, si sentiva una nullità», racconta un’amica di Tanja. Fino a pochi mesi fa lavoravano nella stessa azienda di Lonigo, specializzata nella realizzazione di stufe. «Mi diceva che lui la picchiava», confida.
E infatti l’operaia lo denuncia per la prima volta il 17 ottobre dello scorso anno. Ma nella querela rivela che i primi episodi di maltrattamenti risalivano addirittura a una dozzina di anni fa. Insulti, all’inizio. Poi una sfilza di aggressioni e minacce, più frequenti col passare del tempo. Il documento con il quale la procura di Vicenza ne chiede il giudizio immediato è angosciante: il 6 ottobre 2014 l’afferra per il collo gettandola a terra; il 6 febbraio 2017 le urla: «Io ti uccido, mi hai distrutto la vita»; il 22 settembre le dice: «Ogni giorno penso a cosa devo fare. Muori una buona volta!»; il 2 ottobre: «Ti dico che uno di noi due deve morire. Non mi frega niente per la mia vita, ma non andrà bene neanche a te»; il 19 novembre: «Ti uccido con un coltello mentre dormi, ti avveleno il cibo...».
È a quel punto che la donna ottiene un provvedimento che vieta all’uomo di avvicinarsi. E lui esplode: l’11 febbraio minaccia di farla finita se lei non avesse accettato di riprendere la relazione. Poi l’aggredisce colpendola con una testata al volto che le frattura il setto nasale e le stacca un dente. Tanja viene portata al pronto soccorso, mentre suo marito, sei giorni dopo, finisce in carcere. Ci resta fino a 5 aprile, quando ottiene i domiciliari a Lonigo. «Il giorno dell’arresto di Zoran - ricorda l’amica della vittima l’ho incontrata. Mi disse che quell’uomo le faceva ancora paura...». Aveva ragione: la furia di Lukijanovic non si ferma. A luglio torna alla carica, stavolta con una serie di messaggi alla moglie, che nel frattempo - il 16 giugno - ha ottenuto la separazione: «Se non torniamo assieme mi ammazzo e ammazzo te». Quanto basta per spingere la procura di Vicenza a chiedere un aggravamento della misura cautelare: il camionista doveva tornare in carcere. Ma è allora che l’uomo evade dai domiciliari e inizia la sua latitanza, durata fino a ieri mattina, quando ha ucciso l’ex moglie.
L’avvocato Paolo Pellizzari, che difendeva il killer dalle accuse di maltrattamenti e lesioni, è convinto che il caso non sia stato affatto sottovalutato dalle autorità: «Lukijanovic aveva intrapreso un percorso di riabilitazione con uno psichiatra e uno psicologo, ed era seguito anche dai servizi sociali, grazie ai quali riusciva a vedere la figlia». Una bimba che, a causa di quel padre, ora è rimasta orfana. Le rimane soltanto la nonna materna, che ieri non l’ha lasciata neppure un istante.