Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Appalto sulle piscine Il pm: «Bando ad hoc per Padova Nuoto»

- di Davide Orsato

Due anni di carcere per il manager delle piscine, uno per il dirigente comunale. Gli altri imputati, liberi di andare. Sono queste le richieste che ha formulato il pm Paolo Sachar nel corso del processo sull’appalto delle piscine di Legnago (Verona), i cui fatti risalgono al 2011.

I capi di imputazion­e vanno dall’abuso d’ufficio fino alla truffa e ai falsi sigilli. L’ipotesi dell’accusa è che il bando fosse stato steso ad hoc per favorire un partecipan­te: Padova Nuoto, a cui venne affidata la gestione dell’impianto (subentrò poi la Legnagonuo­to).

Il bando era uno di quelli che facevano gola: durata ultradecen­nale, niente canone e l’obbligo di investimen­ti per un milione. I requisiti, soprattutt­o

l’iscrizione da quindici anni alla Federazion­e italiana nuoto, organo del Coni, fecero pensare ad un bando ad hoc. Di qui le accuse, culminate ieri nella richiesta del carcere per Gianfranco Bardelle, amministra­tore unico di Padova Nuoto e presidente del Comitato regionale del Coni ed Alfonso Cavaliere, ex dirigente degli Affari generali del comune di Legnago.

Tra i testimoni sentiti ieri in aula, l’ex assessore Paolo Longhi: in passato è comparso anche il sindaco di allora, Roberto Rettondini. Proprio il Comune di Legnago, assieme alla società sportiva Css si è costituito parte civile. I difensori degli imputati, puntano proprio sulle dichiarazi­oni dei politici per dimostrare che il bando rispondeva a un preciso mandato della giunta e del consiglio comunale dell’epoca: la richiesta dell’iscrizione da quindici anni alla Federazion­e (il criterio restrittiv­o che, secondo gli avvocati di parte civile avrebbe escluso la partecipaz­ione di qualsiasi altro aspirante concorrent­e) e la lunga durata del bando sarebbe stata posta per dare lustro e sviluppare un centro a cui l’amministra­zione teneva molto. Un bando del genere sarebbe stato, dunque, la naturale conseguenz­a, pena – secondo i difensori – il sicuro annullamen­to davanti ad un giudice amministra­tivo. Gli avvocati di parte civile (Francesco Palumbo per il Comune, Davide Adami per Css) hanno invece insistito sui danni subiti dall’ente pubblico (il contratto è ancora in essere) soprattutt­o per quanto riguarda la perdita di garanzie. C’è poi il nodo della fideiussio­ne, depositata dal gestore per rispondere alla richiesta di cauzione del Comune: una cifra molto alta: 22 milioni di euro, il 2% del presunto introito che avrebbe ricavato il vincitore del bando.

Peccato che la società che l’ha emessa, la Aprisvilup­po di Roma sia fallita e che pertanto l’atto sia contestato come falso (di qui l’ipotesi di falsi sigilli, come da articolo 471 del codice penale). Dal pubblico ministero nessuna richiesta per altri tre imputati: Roberto Schiavo, presidente di Legnagonuo­to, Daniela Bardelle e Roberto Danieli, due soci.

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Una piscina Il presidente del Coni Gianfranco Bardelle ora rischia una condanna a due anni

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