Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Appalto sulle piscine Il pm: «Bando ad hoc per Padova Nuoto»
Due anni di carcere per il manager delle piscine, uno per il dirigente comunale. Gli altri imputati, liberi di andare. Sono queste le richieste che ha formulato il pm Paolo Sachar nel corso del processo sull’appalto delle piscine di Legnago (Verona), i cui fatti risalgono al 2011.
I capi di imputazione vanno dall’abuso d’ufficio fino alla truffa e ai falsi sigilli. L’ipotesi dell’accusa è che il bando fosse stato steso ad hoc per favorire un partecipante: Padova Nuoto, a cui venne affidata la gestione dell’impianto (subentrò poi la Legnagonuoto).
Il bando era uno di quelli che facevano gola: durata ultradecennale, niente canone e l’obbligo di investimenti per un milione. I requisiti, soprattutto
l’iscrizione da quindici anni alla Federazione italiana nuoto, organo del Coni, fecero pensare ad un bando ad hoc. Di qui le accuse, culminate ieri nella richiesta del carcere per Gianfranco Bardelle, amministratore unico di Padova Nuoto e presidente del Comitato regionale del Coni ed Alfonso Cavaliere, ex dirigente degli Affari generali del comune di Legnago.
Tra i testimoni sentiti ieri in aula, l’ex assessore Paolo Longhi: in passato è comparso anche il sindaco di allora, Roberto Rettondini. Proprio il Comune di Legnago, assieme alla società sportiva Css si è costituito parte civile. I difensori degli imputati, puntano proprio sulle dichiarazioni dei politici per dimostrare che il bando rispondeva a un preciso mandato della giunta e del consiglio comunale dell’epoca: la richiesta dell’iscrizione da quindici anni alla Federazione (il criterio restrittivo che, secondo gli avvocati di parte civile avrebbe escluso la partecipazione di qualsiasi altro aspirante concorrente) e la lunga durata del bando sarebbe stata posta per dare lustro e sviluppare un centro a cui l’amministrazione teneva molto. Un bando del genere sarebbe stato, dunque, la naturale conseguenza, pena – secondo i difensori – il sicuro annullamento davanti ad un giudice amministrativo. Gli avvocati di parte civile (Francesco Palumbo per il Comune, Davide Adami per Css) hanno invece insistito sui danni subiti dall’ente pubblico (il contratto è ancora in essere) soprattutto per quanto riguarda la perdita di garanzie. C’è poi il nodo della fideiussione, depositata dal gestore per rispondere alla richiesta di cauzione del Comune: una cifra molto alta: 22 milioni di euro, il 2% del presunto introito che avrebbe ricavato il vincitore del bando.
Peccato che la società che l’ha emessa, la Aprisviluppo di Roma sia fallita e che pertanto l’atto sia contestato come falso (di qui l’ipotesi di falsi sigilli, come da articolo 471 del codice penale). Dal pubblico ministero nessuna richiesta per altri tre imputati: Roberto Schiavo, presidente di Legnagonuoto, Daniela Bardelle e Roberto Danieli, due soci.