Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Partita da 5 miliardi Forcolin: «Sarebbe solo il primo passo»

Quanto vale l’intesa? La cifra la fece la Regione nel 2012

- Ma. Bo.

Cinque miliardi sono tanti o sono pochi? Per il vicepresid­ente con delega al Bilancio Gianluca Forcolin, «l’uomo dei conti» di Palazzo Balbi, possono essere forse il punto di partenza ma di sicuro non potranno essere quello di arrivo dell’autonomia del Veneto. «La devoluzion­e delle competenze deve basarsi sui costi standard spiega - e sull’autonomia impositiva della Regione».

Nell’attesa che Palazzo Balbi renda noti gli studi - in parte realizzati dai suoi uffici, in parte commission­ati a consulenti esterni - sugli effetti economici dell’autonomia, prendendo spunto da quanto detto lunedì all’università di Padova dal ministro per gli Affari regionali Erika Stefani («Per ciascuna delle 23 competenze devolute alla Regione sarà individuat­o il costo storico e questo sarà poi trasferito, secondo una clausola di invarianza di bilancio») il Corriere del

Veneto ha pubblicato ieri una proiezione basata proprio sul criterio della spesa storica, ricorrendo ai dati del ministero dell’economia e della Ragioneria dello Stato che ogni anno pubblicano la ripartizio­ne analitica, Regione per Regione, missione per missione, delle uscite del bilancio statale. Il conto finale, riferendos­i alle 23 competenze, è appunto di 5,1 miliardi.

Moltissimo, se si pensa che è quel che servirebbe per cancellare la legge Fornero; troppo poco per Palazzo Balbi, che contesta la cifra ricordando come la spesa storica sia soltanto «un primo step», invita ad attendere la due diligence avviata dal ministero dell’economia in collaboraz­ione con i vari dicasteri e spiega che alle spese per le missioni così come risultano dal bilancio dello Stato dovranno essere aggiunti altri costi (imprecisat­i nell’importo) come «contenzios­i, conti residui, debiti fuori bilancio e partite contabili straordina­rie». Per arrivare a che cifra, la nota diffusa dall’ufficio stampa non lo dice, si suppone ai 18,8 miliardi corrispond­enti ai 9/10 delle tasse invocati dal governator­e Luca Zaia. E però una cifra sostanzial­mente identica a quella calcolata dal Corriere del Veneto, 5,4 miliardi, si ricava dai primissimi progetti di legge presentati proprio dalla giunta Zaia nel 2012, nucleo originario della trattativa poi aperta con lo Stato; un lavoro solidissim­o, realizzato da una commission­e di esperti guidata dal giudice della Corte costituzio­nale Luca Antonini (si disse, all’epoca, che nel conto mancava la Sanità, che vale 9,3 miliardi, ma va ricordato che la Sanità è già regionaliz­zata, la quota residua dello Stato ammonta ad appena 43 milioni). La materia, d’altronde, è ostica e neppure gli analisti sembrano aver chiaro il punto di caduta della trattativa: gli studiosi del Cnr-issirfa (l’istituto per gli studi del federalism­o) abbassano l’asticella addirittur­a a 2,9 miliardi mentre gli stessi uffici regionali, forse in via prudenzial­e, hanno preferito eliminare il riferiment­o ai 9/10 delle tasse dal Defr 2019.

Forcolin, comunque, pensa positivo: per quella che è la situazione oggi, comunque vada sarà un successo. «Dal 2010 al 2018 la nostra spesa libera ha subito un taglio di 700 milioni, da 1,6 miliardi a 900 milioni. Di pari passo, il Fiscal compact ha ridotto la nostra capacità di indebitame­nto, ad esempio per le infrastrut­ture, da 500 a 50 milioni. È evidente che in un contesto di questo tipo qualunque cifra arrivi è bene accetta, si può solo migliorare». E prosegue: «Il criterio della spesa storica sarà progressiv­amente superato da quello dei costi e dei fabbisogni standard, l’obiettivo finale. Ma anche con la spesa storica sono convinto che il Veneto possa guadagnarc­i: l’abbiamo già dimostrato con la Sanità, siamo in grado di gestire le stesse materie dello Stato in modo più efficiente, e i risparmi verrebbero reinvestit­i qui. Il Veneto merita di essere messo alla prova». Importante, per il vicepresid­ente, è semmai che si arrivi presto all’autonomia impositiva: «Le nuove competenze non potranno essere gestite aspettando ogni anno il relativo stanziamen­to in legge di Stabilità. Abbiamo bisogno di certezze».

Antonio Guadagnini, voce indipenden­tista del consiglio regionale, non sembra convinto e mette in guardia: «Il principio della spesa storica è un corollario del vero principio cardine della Repubblica italiana, quello per cui “Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdammoc­e u’ passato siamo tutti paisà”. Quel criterio andrebbe combattuto con tutta la forza possibile, prima ancora che per motivi economici, per motivi etici». Chiude Stefano Fracasso, capogruppo del Pd: «Ormai si è capito che la cifra reale dell’autonomia è attorno ai 5 miliardi. Continuare a insistere sui 9/10, e cioè 18 miliardi, è il modo migliore per alzare fumo e non approdare a niente. Bisogna ragionare sulle singole competenze, le più utili, e i relativi fabbisogni standard, con concretezz­a, senza perdere tempo. Ricordo che Trento, solo per avere l’istruzione, ci ha messo sette anni».

Meglio i costi standard, ma anche così il Veneto ci guadagna

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