Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Morì una tredicenne, condannati tecnici Anas «Strada poco sicura»
Quando il giudice ha letto la sentenza di condanna per i due dirigenti Anas, dichiarati responsabili per la morte della tredicenne bellunese Martina Bonavera investita da un camion cinque anni fa mentre attraversava la strada, Linda Sabatini, la madre della ragazza, ha avuto un sussulto ed è scoppiata in un pianto liberatorio.
Ettore Cesbron De La Grannelais, di 57 anni, ed Eutimio Muccilli, di 44, rispettivamente ex dirigente dell’area tecnica di esercizio del compartimento veneto di Anas ed ex capo compartimento regionale, sono stati condannati a quattro mesi di reclusione, pena sospesa. «Siamo soddisfatti – ha commentato l’avvocato Chiara Tartari, legale dei coniugi Bonavera – è stata riconosciuta la piena responsabilità penale di entrambi per l’omicidio colposo e quindi per non aver messo in sicurezza quel tratto stradale. Il risarcimento non è stato fissato e se ne parlerà in sede civile. Ma non eravamo qui per questo».
È trascorso un mese esatto dal crollo parziale del Ponte Morandi, a Genova, che ha provocato 43 morti e 566 sfollati. Una tragedia diversa che ha avuto però il (triste) merito di accendere i riflettori sulle infrastrutture italiane che non vanno e di accelerare l’individuazione di eventuali responsabili. Nel caso dell’incidente bellunese, avvenuto il 9 marzo del 2013 sulla statale 50 a Salce, c’era stata una prima condanna a 18 mesi di reclusione, ridotta a sei mesi in appello e confermata dalla Cassazione, nei confronti del camionista Luciano Possamai, 72 anni di Pedavena, che aveva investito la ragazza. Mentre le posizioni di sette dipendenti Anas erano state archiviate due volte. Dopo ulteriori accertamenti era stato aperto un fascicolo nei confronti di Eutimio Mucilli ed Ettore Cesbron De La Grannelais.
La mattina dell’incidente Martina Bonavera arrivava a piedi da una secondaria che si immette nella statale 50. Doveva raggiungere la fermata dell’autobus al di là della strada e per farlo aveva due possibilità: o attraversarla velocemente in modo da raggiungere il marciapiede dall’altra parte o camminare lungo la statale fino alle strisce pedonali, una settantina di metri più in là, senza vedere le macchine in arrivo dietro di lei. Aveva scelto la prima opzione ed era stata investita. «Noi ci occupiamo della sicurezza dei veicoli – aveva spiegato durante il processo De La Grannelais – È capitato di realizzare marciapiedi o strisce pedonali ma a fronte di una richiesta da parte del Comune. Non ho mai saputo di problematiche lungo quel tratto o di segnalazioni da parte del comitato di Salce».
Secondo l’accusa, però, la pericolosità di quel tratto era stata segnalata più volte sia dai cittadini che dal Comune ma non era stato fatto nulla per sistemarla.