Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Pasta Zara, rottura sul taglio degli stipendi
Piano di salvataggio, i sindacati lasciano la trattativa. L’8 ottobre s’ avvicina
Gli auspici espressi in mattinata rivolgendosi ai sindacati dall’assessore regionale al lavoro, Elena Donazzan, sono andati delusi. Il tavolo di ieri pomeriggio a Treviso fra le categorie alimentari di Cgil, Cisl e Uil e i vertici di Pasta Zara si è chiuso senza intese. I sindacati hanno lasciato il tavolo constatando che, rispetto a lunedì scorso quando c’era stato un primo confronto sempre nella sede di Assindustria Venetocentro, ieri non sono giunti i chiarimenti richiesti all’azienda. E dunque la posizione di rifiuto dei «sacrifici» chiesti ai lavoratori non è stata modificata.
I dipendenti delle tre sedi di Riese Pio X, Rovato (Brescia) e Muggia (Trieste), dunque, non ci stanno a rinunciare per cinque anni a quattordicesima e premio di risultato, a maggior ragione se il datore di lavoro evita di spiegare in cambio di cosa. «Torneremo a parlare – scrivono i sindacati in una nota congiunta - solo quando verrà presentato l’investitore e quando, assieme all’azienda, saranno pronti a formalizzare un piano industriale che contenga anche le dovute rassicurazioni sul futuro dell’occupazione e dei tre siti produttivi».
Si avvicina però rapidamente la data dell’8 ottobre, termine ultimo concesso dal Tribunale di Treviso per concludere il concordato preventivo «in bianco» al quale la società era stata ammessa lo scorso aprile. Per quella data dovrà essere pronto un progetto di rilancio che convinca i creditori accompagnato dall’identità del socio che l’azienda dovrà necessariamente introdurre – ma che non è ancora stato individuato in modo definitivo visto il forte indebitamento in cui si trova. E l’accoglimento del piano difficilmente potrà prescindere da una pacificazione con le maestranze. Argomento che però, ad oggi, appare tutt’altro che a portata di mano, nonostante la garanzia espressa da Donazzan di voler sostenere l’accordo. Ma, concludono i sindacati, «non si può giocare sulla pelle dei lavoratori».