Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
INSEGNARE A VOLER BENE
L’amore può e dev’essere insegnato: a tutti, uomini e donne, giovani e meno giovani. Lo hanno scritto, su questo giornale, il direttore Alessandro Russello e poi l’editorialista Stefano Allievi, proponendo una pubblica discussione che vada oltre alla prevenzione (alle malattie sessualmente trasmesse, alle gravidanze indesiderate, al bullismo sessuale, alla violenza contro le donne che sempre più spesso culmina nel femminicidio). Ma come si può apprenderlo? Lo si insegna e lo s’impara in famiglia con l’esempio di una relazione non conflittuale, non violenta, rispettosa, tollerante, altruista. Ma come vediamo nella realtà e come ci raccontano i media, i romanzi, il cinema, l’interno delle famiglie offre una visione tutt’altro che ottimistica. Dopo l’innamoramento, magari sincero e incendiario, quando inizia la convivenza e le differenze (di carattere, di visioni della vita, di educazione) emergono, accade spesso che l’amore si trasformi in scontro in cui ciascuno è sicuro di aver ragione e vuole imporla, ed è di solito l’uomo, che dalla società patriarcale ha ereditato l’abitudine al comando, il più renitente a mettersi in discussione. Succede anche quando nascono e crescono i figli, costretti ad assistere a lotte magari per sciocchezze - in cui la violenza, verbale e/o fisica, si sostituisce all’amore. Prima che ai figli, dunque, l’amore dovrebbe essere insegnato ai genitori, i quali avrebbero dovuto apprenderlo dal proprio padre e dalla propria madre.
Si è ripreso col suo smartphone mentre razziava del rame dal capannone di un’azienda di zincatura nel Veneziano a Meolo, la «Trentin & Boccato Srl» di proprietà di due imprenditori di Castelfranco Veneto. Una mossa che è costata quasi l’arresto a un 37enne nomade straniero che vive a Badia Polesine da parte dei carabinieri della Compagnia di Rovigo. I militari dell’arma lo hanno bloccato assieme al carico dopo un lungo inseguimento sull’«eridania» all’altezza di Gaiba. Solo la mancanza della piena flagranza di reato rispetto al colpo commesso a Meolo ha evitato il carcere allo straniero, denunciato per furto aggravato.
Nelle sere scorse, all’uscita del casello autostradale A13 di Villamarzana, un posto di controllo dei carabinieri ha intimato l’alt ad un furgone Fiat «Ducato». Invece di fermarsi, l’automezzo ha tirato dritto restando quasi incollato a un pullman e poi spegnendo i fari per non essere raggiunto. Così via all’inseguimento in Transpolesana, con tanto di inversione di marcia da parte del «Ducato» segnalata da un automobilista al 112 per la pericolosità della manovra. La fuga, durata diversi chilometri, s’è interrotta a Gaiba. Dal furgone sono scese sei persone tra cui il nomade catturato dai militari mentre i complici si sono dileguati nelle campagne al buio. Dentro il furgone ritrovate cataste di rame del valore di 15.000 euro.
Il suggello finale è arrivato dal video del furto, compiuto poche ore prima a Meolo, ritrovato dentro lo smartphone del nomade già pronto a vantarsi con amici e conoscenti della «perfomance» in qualche chat. Sul «Ducato» poi trovati tutti gli attrezzi del mestiere: cacciaviti, chiavi inglesi, avvitatori.