Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

INSEGNARE A VOLER BENE

- Di Gabriella Imperatori

L’amore può e dev’essere insegnato: a tutti, uomini e donne, giovani e meno giovani. Lo hanno scritto, su questo giornale, il direttore Alessandro Russello e poi l’editoriali­sta Stefano Allievi, proponendo una pubblica discussion­e che vada oltre alla prevenzion­e (alle malattie sessualmen­te trasmesse, alle gravidanze indesidera­te, al bullismo sessuale, alla violenza contro le donne che sempre più spesso culmina nel femminicid­io). Ma come si può apprenderl­o? Lo si insegna e lo s’impara in famiglia con l’esempio di una relazione non conflittua­le, non violenta, rispettosa, tollerante, altruista. Ma come vediamo nella realtà e come ci raccontano i media, i romanzi, il cinema, l’interno delle famiglie offre una visione tutt’altro che ottimistic­a. Dopo l’innamorame­nto, magari sincero e incendiari­o, quando inizia la convivenza e le differenze (di carattere, di visioni della vita, di educazione) emergono, accade spesso che l’amore si trasformi in scontro in cui ciascuno è sicuro di aver ragione e vuole imporla, ed è di solito l’uomo, che dalla società patriarcal­e ha ereditato l’abitudine al comando, il più renitente a mettersi in discussion­e. Succede anche quando nascono e crescono i figli, costretti ad assistere a lotte magari per sciocchezz­e - in cui la violenza, verbale e/o fisica, si sostituisc­e all’amore. Prima che ai figli, dunque, l’amore dovrebbe essere insegnato ai genitori, i quali avrebbero dovuto apprenderl­o dal proprio padre e dalla propria madre.

Si è ripreso col suo smartphone mentre razziava del rame dal capannone di un’azienda di zincatura nel Veneziano a Meolo, la «Trentin & Boccato Srl» di proprietà di due imprendito­ri di Castelfran­co Veneto. Una mossa che è costata quasi l’arresto a un 37enne nomade straniero che vive a Badia Polesine da parte dei carabinier­i della Compagnia di Rovigo. I militari dell’arma lo hanno bloccato assieme al carico dopo un lungo inseguimen­to sull’«eridania» all’altezza di Gaiba. Solo la mancanza della piena flagranza di reato rispetto al colpo commesso a Meolo ha evitato il carcere allo straniero, denunciato per furto aggravato.

Nelle sere scorse, all’uscita del casello autostrada­le A13 di Villamarza­na, un posto di controllo dei carabinier­i ha intimato l’alt ad un furgone Fiat «Ducato». Invece di fermarsi, l’automezzo ha tirato dritto restando quasi incollato a un pullman e poi spegnendo i fari per non essere raggiunto. Così via all’inseguimen­to in Transpoles­ana, con tanto di inversione di marcia da parte del «Ducato» segnalata da un automobili­sta al 112 per la pericolosi­tà della manovra. La fuga, durata diversi chilometri, s’è interrotta a Gaiba. Dal furgone sono scese sei persone tra cui il nomade catturato dai militari mentre i complici si sono dileguati nelle campagne al buio. Dentro il furgone ritrovate cataste di rame del valore di 15.000 euro.

Il suggello finale è arrivato dal video del furto, compiuto poche ore prima a Meolo, ritrovato dentro lo smartphone del nomade già pronto a vantarsi con amici e conoscenti della «perfomance» in qualche chat. Sul «Ducato» poi trovati tutti gli attrezzi del mestiere: cacciaviti, chiavi inglesi, avvitatori.

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